Regia di Matthew Vaughn vedi scheda film
Matthew Vaughn incontra nuovamente Mark Millar dopo le soddisfazioni raccolte con Kick-ass, entrando a gamba tesa nel panorama delle grandi produzioni, anche se, a tutti gli effetti, ha realizzato Kingsman in maniera autoctona per poi venderlo, solo in un secondo momento, alla 20th Fox.
Premesso che la storia guida non va molto oltre il pretesto, tanti passaggi sono inevitabili, il contorno è sfizioso, improntato sull’eccesso, amando sovente deragliare.
Eggsy (Taron Egerton) è un ragazzo londinese cresciuto senza padre che, in un momento di difficoltà, si ricorda di una vecchia promessa e chiama Gahalad (Colin Firth), il quale gli propone di affrontare l’addestramento con altri coetanei per decretare un nuovo Kingsman, ossia una spia super specializzata.
Nel frattempo, un magnate di nome Valentine (Samuel L. Jackson) sta attuando un piano per cambiare l’ordinamento globale; il giovane Eggsy dovrà dimostrare le sue doti sul campo prima del previsto.
James Bond incontra Kick-ass, tra botte da orbi e lo spionaggio internazionale che, come dichiara esplicitamente un dialogo, al cinema è ormai fin troppo serio. Kingsman ci dà un taglio netto, senza alcun timore di strafare, con un umorismo spregiudicato e disseminato con sana cattiveria.
Matthew Vaughn conferma così di saper fare un po’ tutto, costruendo un panorama con una discreta influenza geek e dannatamente istintivo ma anche scrupoloso, con alcune scene molto articolate che hanno richiesto lunghi tempi di ripresa per arrivare a un risultato attendibile; come esempio, vale la prova inflitta ai papabili Kingsman, con l’acqua che sale nella loro camerata mentre dormono, che ha richiesto ben undici ardui giorni di lavoro (su questo, è esplicativo l’extra descrittivo presente sul blu ray).
In più, la scena della mattanza in chiesa - in origine pensata a un matrimonio (effettivamente un po’ troppo) - è degna di diventare cult, ma già la prima scazzottata al bar è comunque stilisticamente interessante e in parte originale demarcando chiaramente un modus operandi.
In generale, Kingsman è un film sfida, commerciale ma senza promettere nulla di ragionevole, dispiegato su una trama che non può evitare alcuni snodi ma che poi condisce svariando, con una sintesi del (buon) lavoro fin qui già svolto da Matthew Vaughn e personaggi/interpreti scatenati.
Su tutti, svetta Samuel L. Jackson, eccentrico fino a divenire pittoresco - nella v.o. ha una dizione che è uno spettacolo nello spettacolo - con un personaggio sfumato e teorie sulle quali dovremmo riflettere (siamo noi umani il virus di questo pianeta,altro che Zika), mentre a Michael Caine non si rinuncia mai e Colin Firth si sdogana da troppi ruoli ingessati come insolito uomo action.
In più, nel proibitivo incarico di essere credibile sia come ragazzo trasandato, sia come agente elegante, il giovane Taron Egerton è sul pezzo, di Sofia Boutella, action woman affilatissima, ne sentiremo ancora parlare (di recente, sugli schermi in Star Trek: Beyond) e Mark Strong lambisce la perfezione sotto ogni punto di vista grazie un sarcasmo prelibato.
Forte di queste interpretazioni colorite e di una chiusura sfrontata, perfetta sintesi di un clima svagato che è comunque sinceramente ricercato, Kingsman arriva al successo più popolare, tra citazionismo protratto (la vita non è un film e Kingsman è anche un’altra cosa ancora), violenza di massa (in fondo, già la gente comune si ammazza per niente) e una severa punizione per la classe politica, trattata come si merita chi porta avanti affari camuffati (più o meno velatamente, anche ad Obama spetta la pesante sentenza finale).
Spettacolo ultra-fumettoso.
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