Regia di Matthew Vaughn vedi scheda film
Matthew Vaughn è un ottimo regista di supereroi intimisti e problematici, come ampiamente dimostrato in uno dei più riusciti prequel sugli Xmen, e soprattutto nel film culto Kick-Ass, vero gioiello divertente ed acuto sulla necessità da parte di un anonimo giovanotto di uscire dalla mediocrità e divenire supereroe per combinare qualcosa di buono o concreto nella vita.
Anche in questo spumeggiante e tanto britannicamente glamour Kingsman, la direzione attenta del Vaughn, gradevole e spumeggiante già dagli esplosivi e rutilanti titoli di testa, rende adeguatamente giustizia ad una vicenda che comunica sensazione di dejà-vu in chissà quante occasioni: non fosse che parla di agenti segreti in missioni pericolosissime ed avveniristiche degne del più noto agente segreto britannico di sempre, James Bond.
Ebbene nella sua parte di agente in incognito..ma non troppo, Colin Firth dimostra, superati abbondantemente i cinquant'anni, come il suo fisico asciutto e proporzionato, armonico e piacente, si presti magnificamente ad indossare con disinvoltura e classe un vestito classico, sia smocking che un semplice completo giacca e cravatta: i tessuti su di lui e sul suo coinvolgente incedere gli disegnano una linea invidiabile, superiore e più perfetta rispetto a quella già nota ed innegabile che caratterizzò, chi più, chi meno i ben 6 James Bond che fin'ora si sono contesi la parte dell'agente con licenza di uccidere.
Peccato che, ancora una volta, la ormai nota ma spesso soprasseduta fissità facciale del celebre lanciatissimo attore, sconcertante e scambiata talvolta per un pregio, lo renda completamente avulso e fuori parte per quel che attiene ad ogni sfaccettatura che non sia legata all'apparire esteriore.
La stori(ell)a del ragazzo problematico ritrovato dal compassato agente segreto dopo anni che un suo errore in missione gli uccise il padre, suo collaboratore in missione, si sviluppa con i cliché di un allenamento che lo porta alla perfezione e a sgominare un perfido quanto ironico malfattore informatico (bravo e divertente Samuel L. Jackson) e la sua schiera di killers super accessoriati, tra cui una donna orientale con uncini acuminati al posto di caviglie e piedi, come un Pistorius letale e votato alla vivisezione.
In una commistione di pulp, divertissement e accuratezza di ambientazioni si dipana una storiella veramente esile che Vaughn serve su un piatto da portata sontuoso ed impeccabile, ben superiore e sproporzionato alle qualità intrinseche di un prodotto che sceglie di cercare di accontentare un po' tutte le bocche e le fasce di pubblico, ma lasciando un po' freddi tutti i numerosi destinatari.
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