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Il racconto dei racconti

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Il racconto dei racconti

di supadany
7 stelle

Matteo Garrone ha fatto la gavetta (fin troppo lunga), sfruttato l’occasione giusta (Gomorra) senza rinunciare al rischio (Reality). Vista la sua prima parte di carriera - costellata di rischi e forte di una personalità sincera quanto integerrima -, non stupisce ritrovarlo immerso in uno scenario internazionale che non ne scalfisce l’autorialità.

Il racconto dei racconti ha una sua precisa fisionomia, per molti ma non per tutti.

Una regina (Salma Hayek) è disposta a tutto pur di avere il figlio tanto desiderato e, successivamente, il suo controllo su quest’ultimo è assoluto, peccato che ci sia un gemello identico, partorito da un’altra madre.

Un principe (Vincent Cassel) passa da una donna all’altra fino a quando non s’imbatte in un raggiro che comunque lo porta a conoscere una creatura femminile di immutabile bellezza (Stacy Martin).

Un re (Toby Jones) non vuole perdere sua figlia (Bebe Cave), ma il suo affetto per una pulce e per l’azzardo, spingerà sia lui sia la figlia nelle mani di un orco (Guillaume Delaunay).

 

Salma Hayek

Il racconto dei racconti (2015): Salma Hayek

 

La principale favola de Il racconto dei racconti, ispirato ad alcune fiabe di Giambattista Basile, è quella di Matteo Garrone. Ormai ospite gradito in quel di Cannes, il regista romano si trova al centro di una succulenta produzione internazionale che coinvolge l’occhio lungo di Jeremy Thomas (produttore, tra gli altri, de L’ultimo imperatore) e la facoltosa Le Pacte. Soggetti consoni per lasciare libero di agire il regista, anche di fronte a un ingente investimento, per giunta su un (pluri)soggetto rischioso.

Infatti, Il racconto dei racconti è un fantasy, ma lontano anni luce da quanto il genere ha proposto, abusandone, al cinema negli ultimi anni, a partire da Il signore degli anelli e tutti i suoi (innumerevoli) derivati.

La regola dello spettacolo per tutti è sorpassata di netto, le suggestioni e le ossessioni, come il desiderio materno, prendono subito il sopravvento, seguite a ruota dalle pulsioni, tra la magia (stregoneria) e la carnalità (il principe interpretato da Vincent Cassel e il suo harem).

Prende così forma un fantasy d’autore, con tre racconti che si alternano con tempistiche differenti, ottimamente gestite dal montaggio di Marco Spoletini, una galleria di esseri umani, bellissimi e mostruosi, con alcune scene costruite con rara abilità, come la sequenza del labirinto, ottenuta con ottimi movimenti di camera.

Il risultato è principalmente visivo, efficacemente visionario, perfetto per riecheggiare scenari fantastici, ma non per questo fantasy secondo i metodi cui siamo abituati.

Come limite a tutto questo sfarzo, avvalorato dalla fotografia di Peter Suschitzky e dalle creature frutto del miglior artigianato made in Italy (per apprezzarne la realizzazione, sono utili i contributi extra del blu-ray), va detto che l’enfasi della condivisione raramente riesce a librarsi in volo, ma come esercizio di stile rimane impressionante, nessun pezzo va fuori posto, i luoghi e gli effetti ricreati al computer appagano l’esigenza sensoriale.

Con volti e corpi che sembrano sbucare da un dipinto, racconti innervati da necessità e brulicanti di contraddizioni, nasce un film che testimonia la sicurezza – da vendere - di Matteo Garrone, una visione d’autore, un talento cristallino che non perde la bussola di fronte a una produzione con mire internazionali – cadute quasi completamente nel vuoto – per un risultato miracoloso per la ristretta visione del cinema italiano di questi anni, che però appare confinata in un suo microcosmo, per quanto quest’ultimo sia indubitabilmente di pregio.

Per il regista, c’è di che esserne fieri, per il pubblico popolare rimane un’esperienza ardita ma da provare.

Il gioco vale la candela.

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