Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Ahi, anche Garrone ha voluto pensare in grande, ha voluto fare il passo più lungo della gamba, ed è inciampato, o quantomeno, ne è uscito claudicante. Matteo è indubbiamente uno dei nostri registi di punta, certo è molto amato dalla critica e spinto dall'intellighenzia, ha fatto dei buoni film, almeno fino a questo volo pindarico che risponde a "Il Racconto Dei Racconti". Non è un becero, pomposo illusionista come Sorrentino e dispiace vederlo impastoiato in una produzione così grande, complessa, con tanta, troppa, carne al fuoco, che non è roba per lui. Questo film è un tentativo, poco riuscito, di dare una svolta alla sua carriera artistica, di provare ad ambire a qualcosa di più del racconto di quartiere, dello sguazzo nella realtà italiana che ha saputo ben rappresentare. Qui si prende un libro di favole nere, eccellente idea, e lo si frulla di generi, che finiscono per togliere al film l'anima e il carisma. Quando va il grottesco, ben gestito, improvvisamente il registro si sposta sull'horror o sul fantasy, che insieme all'intersecarsi delle storie raccontate, porta il lavoro a sbandare pericolosamente, trasformandolo in un prodotto che fa il verso a film fantasy più famosi, peccando in forza cinematografica, sotto tutti i punti di vista. Ecco, le immagini, così tanto decantate da divenire l'attrazione principale di questo circo garroniano, a me, invece, non sono parse così importanti, le ho trovate cinematograficamente deboli, senza spessore, quasi piatte, da sceneggiato televisivo. Voglio dire, lo so che è una bestemmia, ma il Sokourov del "Faust" ti faceva sentire la puzza dei luoghi e dei tempi, mentre qui non si sente nulla: persino i gioielli di re e regine sanno di plastica e inganno. E' un film da prendere così, un rovo di fiabe da pop corn con un tocco di "grand guignol" per gli adulti, inutilmente lungo (una sforbiciata di venti minuti gli avrebbe giovato), che avanza per accumulo e luoghi comuni. Un passo falso e un Garrone che non vorrei rivedere mai più. Prego il Dio del Cinema che, in futuro, non gli faccia fare gli errori da gradasso di Sorrentino e ce lo restituisca di nuovo artefice di un bel cinema civile, surreale e sincero.
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