Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
A Nico e Marco, le dediche nel cinema sono sempre rare. Mi ha colpito perché in genere si fanno solo al primo film. Mentre Matteo Garrone è già arrivato a un buon numero. Nico era il padre naturale, critico teatrale già omaggiato in ESTATE ROMANA, Marco Onorato era il patrigno e padre artistico, direttore della fotografia di quasi tutti i suoi film. E forse per la prima volta Garrone non è stato l’operatore alla macchina, almeno non il solo. Ciò che è ammirevole in questo quarantenne regista romano è il suo essere autore ibrido: attento e abile nella tecnica, scrittore dei suoi film con altri sceneggiatori, sempre variegati - infine un tocco riconoscibile. Anche in TALE OF TALES – IL RACCONTO DEI RACCONTI sa distinguersi e sa osare. Tre racconti tratti da LO CUNTO DE LI CUNTI, dello sconosciuto Giambattista Vasile (un autore barocco del ‘600), che fanno accapponare la pelle per il gusto eccentrico e originale, in netto contrasto con i canoni delle fiabe tradizionali. Garrone le prende e ci costruisce un fantasy dal fantastico al reale.
Nel regno di Selvascura la regina è infelice perché non riesce ad avere un figlio, come suggerito da un negromante, potrà averlo solo se il re riuscirà a strappare il cuore di un drago marino. La regina dovrà mangiarlo cucinato da una vergine (la quale non lo è, anzi è in attesa) e immediatamente sarà fecondata. Elias e Jonas, entrambi albini, nasceranno contemporaneamente, cresceranno separati per volere della regina ma il destino li vorrà uniti.
Nel regno di Altomonte un re vedovo alleva e nutre segretamente una pulce trascurando la giovane figlia Viola. Quando l’animale morirà organizzerà un torneo per far sposare la figlia a chi saprà riconoscere la pelle della pulce. Il fortunato è un orco…
Nel regno di Roccaforte un giovane re conduce una vita dissoluta, fino a quando non si invaghisce di una bella voce e di un dito…
Tre fiabe crudeli e stravaganti che si intersecano e possono, molto liberamente, avere una chiave di lettura moderna: fecondazione assistita, emancipazione femminile, chirurgia estetica. La prima fiaba tarda a carburare, nonostante la suggestiva immersione con scafandro, ha dei lampi horror come in coda ed è come se gli mancasse un cuore al racconto, estratto dal petto del drago e assente nella messinscena, fredda. Nella sua crudezza finale e vendicativa (o meglio emancipatrice) appare più piacevole e buffo il secondo racconto interpretato da ottimi attori, il ruolo dei circensi ricorda la funzione salvifica de IL SETTIMO SIGILLO, qui fino a un certo punto. Il terzo ha come nucleo centrale due sorelle brutte e sgraziate che ingannano un re debosciato e allupato. Una strega compie un incantesimo destinato a scadere. Sottotitolo ideale, Voglio una pelle splendida. Spiazzante, inquietante, con una fotografia bellissima. Vincent Cassel purtroppo è doppiato male da Pierfrancesco Favino. Cameo di Renato Scarpa. Le musiche di Alexandre Desplat, a tratti, richiamano Nino Rota e spesso sono un accompagnamento che dà lustro alle immagini e ai quadri surrealisti creati dal regista.
Il cinema d’autore incontra l’estetica dei b-movies ha scritto il “generico” Marco Giusti. Gli effetti speciali sono sobri e creati in funzione della narrazione, e non la sovrastano mai. Dal fantastico al reale. Garrone, a sua volta, non viene a meno alla sua natura di cineasta sperimentale. L’opera è imperfetta ma avercene film italiani così coraggiosi e internazionali! Il presente ha un cuore antico.
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