Regia di Matteo Garrone vedi scheda film
Ma come si fa a bocciare in maniera così categorica il nuovo film di Garrone? Ok, magari non sarà perfetto sotto ogni suo aspetto, ma gli elementi che palesemente interessavano al regista segnano un punto fondamentale per la cinematografia italiana. Certo sarebbe stato uno spreco ingaggiare per una produzione così immane un cast esclusivamente italiano, quindi tanto vale tentare la strada della distribuzione internazionale con alcune star hollywoodiane assortite in maniera curiosa ma perlopiù efficace. Questo è infatti l'aspetto in cui il film mostra più il fianco: la recitazione. Era certamente necessario dedicare più tempo alle prove con gli attori, che appaiono in più occasioni spaesati e incapaci di andare al di là delle loro stesse battute, prive di qualsivoglia sottotesto o profondità. E per favore, facciamo un applauso di consolazione a Ceccherini che invece di essere stato pagato, spero bene abbia lui sborsato una bella cifra per trovarsi sul set più grandioso d'Italia solo per fare qualche versetto gutturale accanto alla Rohrwacher (devo ammettere che goliardicamente ho detto "vado a vedere Tale of Tales solo per sentire Ceccherini parlare inglese", e invece solo qualche "Uh! Ahh! Oh, ohh!". Grande delusione...). Poi ci sono ovviamente alcune interpretazioni che si distinguono dalle altre, ma devono tutto alla bravura dei loro interpreti, e non al loro regista.
In generale Garrone stesso non sembra interessato ad andare al di là del racconto stesso, un mix di tre racconti di Basile (vere e proprie fiabe, ma non quelle a cui ci ha abituato la Disney. Bensì quelle vere dei fratelli Grimm, ricche di crimini, sangue, sortilegi, perversioni... pronte a prendere sempre delle svolte narrative impreviste e arbitrarie che quasi rifuggono ogni morale o insegnamento), per concentrarsi esclusivamente sulla messa in scena decisamente sublime.
Non tanto i costumi (pomposi, ma niente di originale), quanto il trucco, le acconciature, la fotografia, gli effetti speciali e soprattutto la scenografia sono i veri protagonisti indiscussi della poetica visiva del regista romano. I fondali veri e digitali sono mozzafiato, pronti a concorrere con le grandi produzioni straniere e valorizzate in maniera maestrale da un montaggio dolcissimo (lo spettatore ha tutto il tempo di far vagare lo sguardo su ogni angolo dello schermo e apprezzare tutti i curatissimi dettagli che compongono le ricchissime inquadrature) e da una regia altrettanto innamorata dei contrasti cromatici e delle forme frastagliate e oniriche dei più variegati ed evocativi panorami italiani (e maltesi).
Non sono d'accordo con chi ritiene che Garrone non avesse ancora "trovato" il suo film quando ha iniziato a girare. È legittimo sospettarlo, perché qui è evidente che abbia dovuto abbandonare il suo modus operandi di imbracciare la macchina da presa e vedere quel che succede una volta che gli attori sono sul set. Gli effetti speciali necessitano di storyboard e di arrivare alle riprese più che preparati, e io penso che lo fosse perché i movimenti di macchina sono dolci e sicuri, e ovviamente emozionanti. Qualcuno l'ha accusato anche di essersi frenato sul sangue e sulla violenza. No, non sono d'accordo nemmeno su questo. Penso piuttosto che abbia voluto interpretare questi temi in maniera personale, ovvero favolistica e stilizzata. Certe sequenze sono infatti esageratamente gore, altre invece troppo minimaliste.
Quindi sì, considero riuscito il tentativo di Garrone di dimostrare che il cinema italiano è assolutamente in grado di cambiare rotta. Non so davvero cosa potrebbero pensare i fratelli Cohen dell'ultima fatica del regista di Reality, perché se da una parte non credo che si troveranno in sintonia con i suoi contenuti, probabilmente potrebbero farlo con la sua estetica silenziosa davvero affascinate.
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