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Il racconto dei racconti

Regia di Matteo Garrone vedi scheda film

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La recensione su Il racconto dei racconti

di ed wood
7 stelle

Rischiava grosso Garrone con questa sua inopinata incursione nel fantasy (e che fantasy, poi! tutto "made in Italy", anzi in Napoli). Si tratta di un immaginario e di una narrativa troppo distante da un autore di stampo realista come il romano. Difficile adattare il naturalismo delle precedenti prove ad un mondo favolistico, e questo valga per dialoghi, direzione degli attori, messinscena, movimenti di macchina, fotografia eccetera. C'era il rischio di un film calligrafico, impersonale, inutile.

 
Ebbene, mettiamola così. Il "Racconto dei racconti", in effetti, costituisce una battuta d'arresto nel percorso autoriale di Garrone. Quella poetica iperrealista che innerva l'opera del regista fin dai tempi de "L'imbalsamatore" soccombe sotto il peso di un testo che richiedeva necessariamente un trattamento formale del tutto diverso. Della cifra garroniana, permangono alcuni carrelli a seguire, con la nuca del personaggio a fare da sonda dell'ambiente perlustrato; un senso di brulicante folla paesana (Gomorra, Reality); un certo (dis)gusto zoofilo (L'imbalsamatore); la presenza di femmine disposte al martirio del proprio corpo (Primo Amore); i due gemelli albini come i due scugnizzi di Gomorra. Detto francamente, però, parrebbero davvero assonanze casuali.
 
In realtà, "Il racconto dei racconti" è una sorta di vacanza, di deviazione da quanto ci aveva abituato Garrone. E' un prodotto di buon livello, ben confezionato, che affascina per i valori figurativi e convince per la classe e la professionalità mostrati dal regista in un genere non suo. Si nota qualche impaccio, forse, in alcune sequenze d'azione (l'attacco al drago, la fuga dall'orco), ma per il resto il film scorre via fluido, con momenti brillanti che si alternano ad altri più spenti. Delle tre novelle intrecciate, quella dei due gemelli risulta la più irrisolta ed è chiaramente il punto debole del film: il sacrificio del re, il rapporto madre-figlio, la differenza di classe sociale, l'amicizia fraterna e altri spunti non trovano nè una quadratura sul piano narrativo nè suggestioni su quello poetico. 
 
Va meglio con le altre due novelle, che beneficiano di una ricchezza di registri sconosciuta alla prima, monocorde storia. Erotismo un po' perverso, incursioni nell'horror più truculento, punte di humour e di grottesco: anche qui, però, prevale la sensazione di "fine a se stesso" che limita la riuscita del film. La storia delle due vecchie sorelle propone ironicamente il tema abusato dell'eterna giovinezza, mentre più convincente risulta quella della principessa e dell'orco, vuoi per la bravura degli interpreti, vuoi per la trovata della pulce gigante e per la spassosa sequenza del "torneo", vuoi per il nitido e sofferto messaggio anti-paternalista. 
 
In definitiva, "Tale of Tales" è un film da vedere senz'altro, se non altro per la singolarità dell'immaginario, oltre che per la gustosa confezione e per il piacere affabulatorio  "sporcato" da dettagli truci (che lo avvicina alle atmosfere del "Magnificat" di Pupi Avati). Forse davvero più di così Garrone non avrebbe potuto fare. Un plauso a tutti gli interpreti (con lode a Bebe Cave e al suo viso tondo "rinascimentale"), eccezion fatta per i due più famosi: Cassell, un po' troppo ammiccante nella sua tipica parte da erotomane, e Hayek, che grande attrice non è mai stata.
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