Regia di Debra Granik vedi scheda film
32 TFF – FESTA MOBILE
Con il documentario Stray Dog ritroviamo a Torino quella Debra Granik che proprio in questa sede vinse meritatamente alcuni anni orsono col suo bel film Un gelido inverno, che fra i tanti meriti conserva quello di aver lanciato l'ormai diva e splendida Jennifer Lawrence.
E con questo suo “Cane randagio” ritroviamo ancora l'America rurale, on the road, desolata e abbandonata della grande periferia, dei colori caldi delle foglie autunnali, delle strade lunghe ed infinite percorse da motociclisti come il nostro protagonista, un reduce del vietnam grande, grosso e apparentemente rude, che nasconde un cuore d'oro sotto una corazza che serve solo a colorarne un personaggio infinitamente più sfaccettato di quanto non possa sembrare.
Ron non perde occasione per percorrere queste strade con i suoi amici che condividono come lui la passione per i motori a due ruote, e con loro gira il paese per rendere omaggio alle vittime delle guerre, presenti e passate, per aiutare le vedove dei caduti, ed organizzare raduni per tenere uniti i reduci superstiti di quella sporca inutile guerra.
Ma il cuore d'oro del gigante barbuto è rivolto anche alla sua attuale famiglia: una moglie messicana che vorrebbe portarselo in terra natia (e per questo Stray dog sta tentando di imparare il messicano), ma che poi opta per far venire presso la casa dell'uomo i suoi due figli ormai ventenni, tentando di trovare loro un lavoro in uno stato che non è più la terra promessa di un tempo.
Stray dog è un riuscito ritratto di un uomo, ma soprattutto di una categoria di persone che sono stati mandati al macello, poi considerati eroi, e poi dimenticati e messi da parte.
L'America della Granik è fatiscente ma non per questo meno poetica e suggestiva. La struttura documentaristica dell'opera finisce forse per limitare la qualità di un opera che, con un percorso narrativo più costruito, avrebbe potuto ambire alle qualità eccelse di Winter's Bone.
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