Regia di Adriano Celentano, Piero Vivarelli vedi scheda film
Forse Celentano, qui al debutto dietro la macchina da presa, aveva in mente un glorioso progetto di emulazione del noir all'americana. In realtà le pistole di Super-rapina a Milano sembrano piuttosto delle scacciacani, che dei mitra; Celentano stesso ed il suo Clan assomigliano ad una combriccola da tressette nel bar dietro l'angolo, prima ancora che ad una gang di delinquenti assatanati. C'è poi lo spazio per l'esibizione del Celentano cantante (ma per fortuna il film non si tramuta mai in un musicarello) e per l'ironia del Celentano attore, che definisce il vero immorale chi fa i soldi urlando in un microfono, piuttosto che il rapinatore che almeno ha coraggio e sfrontatezza. Ma al di là di qualche canonica situazione da film di rapina, c'è davvero poco. Anche l'idea del finale in cui i protagonisti fantasticano sull'eventualità della storia narrata non è questa gran sorpresa.
Gruppo di delinquenti professionisti mette in atto una grande rapina ad una banca; fugge in elicottero e, con un travestimento da frati, si rifugia in un convento. Qui, fra veri frati in visita, liti fra i componenti della banda e l'arrivo della polizia, i malviventi sono messi a dura prova e quindi costretti a capitolare.
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