Regia di Tsui Hark vedi scheda film
Una prima ora inguardabile, si riprende con due sequenze d'azione eccessive e roboanti, ma ben dirette. Rimane un film troppo discontinuo tra le due diverse parti, che non si direbbero neppure opera della stessa mano, e troppo dipendente dall'effetto tridimensionale per meritare un giudizio positivo.
Nel 1946, a guerra civile contro i nazionalisti in corso, l'Esercito di Liberazione Popolare deve affrontare nel Nord Est della Cina anche la piaga del banditismo. Una piccola pattuglia dell'esercito comunista raggiunge un villaggio colpito dalle scorrerie banditesche, con l'intento di lanciare l'assalto definitivo alla fortezza di Lord Hawk, il temuto capo brigante, arroccato col suo esercito personale in un imprendibile castello abbandonato dai giapponesi. Per dare l'assalto alla fortezza, il capitano della compagnia escogita di infiltrare una spia nel covo dei banditi.
Devo confessare che durante la prima ora sono stato più volte sul punto di interrompere la visione. Un estenuante susseguirsi di scene girate con l'evidente unico scopo di utilizzare gli effetti 3D per strabiliare il pubblico, con ralenti e particolari di oggetti in volo che appaiono ridicoli se visti in streaming sullo schermo bidimensionale del computer. Una buona regola che mi sento di consigliare per fare i film in 3D, moda che ciclicamente ritorna nella storia del cinema ma la cui ultima esplosione intorno al 2010 mi sembra comunque ormai scemata, è che le scene girate devono reggere e risultare ugualmente valide anche in visione a due dimensioni, che è poi quella in cui il film continuerà la sua esistenza dopo l'uscita in sala. La prima ora di The Taking of Tiger Mountain, invece, quando l'effetto tridimensionale va perso, rimane soltanto una tamarrata, con inquadrature che diventano inspiegabili, un plot traballante, personaggi abbozzati, privi di spessore e di propria introduzione, dialoghi atroci, situazioni al limite del ridicolo ed oltre. Svolte significative della trama, come la rivelazione all'amante del Lord che il figlio si trova nel villaggio coi comunisti, sono trattate coi piedi. Anche la scena dell'assalto della tigre, molto simile a quella dell'orso in The Revenant con Di Caprio, risulta priva di tensione, anche qui ci ho visto solo ricerca dello stupore tridimensionale. Pareva impossibile che un regista celebrato fosse al timone di tale accozzaglia: che Tsui Hark avesse delegato la regia al settore effetti speciali?
Poi nella seconda parte pare che l'autore si sia svegliato dal torpore e abbia finalmente deciso di prendere in mano la cinepresa. Il livello indubbiamente si innalza e, sebbene conservi tratti fumettistici e anacronistci (i banditi tatuati, il bizzarro look del Lord Hawk e la stesso aspetto del loro covo non sembrano proprio appartenere agli anni '40), ci sono due estese sequenza di battaglia ben dirette, quella nel villaggio innevato e l'assalto finale alla fortezza dei banditi: azione adrenalinica, eccessiva e sopra le righe, ma che riesce finalmente a creare uno spettacolo avvincente.
Se il film fosse stato così fin dall'inizio l'avrei giudicato una pellicola di intrattenimento da non prendere troppo sul serio, ma comunque efficace nel divertire e meravigliare con roboante esagerazione. Invece The Taking of Tiger Mountain rimane un film troppo discontinuo tra le due diverse parti, che non si direbbero neppure opera della stessa mano, e troppo dipendente dall'effetto tridimensionale per meritare un giudizio positivo. Pure la sbrigativa “cornice” moderna sta lì appiccicata con lo sputo e non c'entra nulla con la vicenda, se non a sferrare la botta retorica conclusiva.
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