Regia di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo vedi scheda film
Con Ogni maledetto Natale, il trio d’autori che ha creato a Boris entra a gamba tesa sulla festa per antonomasia e, di conseguenza, anche sull’offerta, a dir poco rivedibile e a binario unico, della commedia italiana creata ad hoc per l’occasione.
Le premesse sono invitanti, purtroppo il risultato è annacquato, squilibrato non tanto per il linguaggio, che diverge per scelta, ma per i suoi effetti, più volte non all’altezza della creatività degli autori.
Reduce da un’aggressione, Massimo (Alessandro Cattelan) è soccorso da Giulia (Alessandra Mastronardi) e tra i due scatta il colpo di fulmine.
Tutto va a gonfie vele, ma dietro l’angolo c’è il Natale; con ritrosia, Massimo accetta l’invito a casa di lei per la vigilia, ma lì le cose si mettono presto male.
La due giorni natalizia è ancora lunga, uscirne vivi, e insieme, sembra più difficile del previsto.
Il coraggio, che in questo caso fa coppia con il rinfrescare la ritrita formula della commedia per le feste di fine anno, va sempre premiato, ma da solo non basta per riuscire.
Ogni maledetto Natale parte alla grande. Infatti, presenta la festa che blocca tutti intorno a tavolate immense come il momento più spaventoso dell’anno, accattivandosi istantaneamente la simpatia di quella parte del pubblico, stufa delle solite riproposizioni da cinepanettone e limitrofi.
Non si può dire che sia un fuoco di paglia, ma da lì a breve, qualcosa comincia a incrinarsi.
L’idea, fondante, di imbastire una doppia famiglia, una per la cena della vigilia e una per il pranzo di Natale, utilizzando gli stessi interpreti, per l’occasione il cast è delle grandi occasioni, ma agghindati agli antipodi, prima rozzi di provincia e poi miliardari, è più che appropriata, ma gli effetti che genera sono discontinui.
Inevitabilmente, nascono due atti molto diversi, le famiglie sono sempre allucinanti, e festeggiare è difficile, ma il dosaggio dell’umorismo è rivedibile.
Soprattutto, è a dir poco faticoso nella seconda parte in più, il finale non aiuta, con il rapporto principale risolto troppo facilmente, per quanto il suo significato sia facilmente intuibile e nemmeno ingiusto.
In questa discordanza, anche il buon cast rischia di finire male in arnese; a parte i due protagonisti, Alessandro Cattelan e Alessandra Mastronardi stanno al gioco, sono gli altri a essere chiamati a fare la differenza, richiamando la storica importanza delle maschere.
Purtroppo, proprio per i disequilibri presenti, un po’ tutti rischiano di finire in difficoltà, con Valerio Mastandrea e Marco Giallini capaci comunque di far valere attitudini più trasversali.
Tout court, il trio composto da Mattia Torre, Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo tradisce le attese probabilmente senza nemmeno volerlo, ha iniziativa, partendo dalla struttura, ma poi non la innerva, almeno non costantemente, con la qualità delle battute, generando pure un po’ di controproducente confusione.
Apprezzati il coraggio e la volontà, è un peccato constatare che non vi abbia fatto seguito una genuina e naturale comicità.
Un bello spreco.
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