VENEZIA 71. MOSTRA INTERNAZIONALE D'ARTE CINEMATOGRAFICA - ORIZZONTI
I registi cattivi ma irresistibili di Louise Michel e di Mammouth tornano ed è lecito accorrere a guardarli con interesse ed una certa fervente aspettativa. Ci si aspetta l'esatto contrario di quanto iniziamo a vedere e continuiamo poi senza tregua nel prosieguo della vicenda: fotografia sgranata, andamento documentaristico come si trattasse di un diario intimo e personale: quello di un aspirante suicida, un mediocre e insignificante addetto di call center a cui una mattina spostano il turno di lavoro per la sera. Decide quindi di farsi un giro in bicicletta presso le vicine montagne, comunicando ai familiari (mai ripresi in volto, e non senza un motivo preciso, certamente legato all'indifferenza e all'apatia che l'uomo genera sui suoi cari e nei confronti del mondo intero) che sarebbe stato di ritorno dopo un'ora. Al contrario inizia per l'uomo, colto da uno stato quasi confusionale e affaticato dalle salite del percorso, un calvario personale di premeditazione di una morte a cui anela, ma a cui non vuole mai effettivamente arrivare: "per suicidarsi bisogna anche essere fortunati", dice tra sé e sé questo strano individuo, quasi rincuorato quando, nel momento in cui sta attuando i suoi propositi definitivi, passa sempre qualcuno ad interromperlo, a frenare la concretizzazionee del proprio desiderio.
Un paio di incontri con uno strano barbone appassionato del gioco delle biglie (o qualcosa di molto simile con miniature di ciclisti) e una passante in auto che lo accoglie e soccorre, dando all'uomo finalmente la certezza che nulla può indurlo a ritornare a far parte della socità civile, fanno capire all'individuo che nulla può convincerlo a tornare a rapportarsi con altri esseri umani, né lavorativamente tramite il call center, né tanto meno nei rapporti coi faamiliari o i colleghi.
Benoit Delephine e Gustave Kervern (anche attore quest'ultimo) dirigono lo stravagante scrittore Michel Houellebecq (noto soprattutto ma non solo per "Le particelle elementari", pure questo adattato per il grande schermo) in un delirante one-man-show sulla fine agognata e sulle difficoltà di attuare i propositi, sull'indifferenza del mondo circostante, ma pure della vittima, che rifiuta ogni dialogo e preferisce costruirsi dei monoliti di pietra a cui affibbiare i ruoli di moglie e figli, piuttosto che tornare a rapportarsi con loro.
Forse un pò (troppo) compiaciuto e furbetto, il film segna comunque una svolta interessante per la coppia di registi, anche se personalmente mi auguro che entrambi ritornino al fumettistico e caricaturale, macabro e oscuro mondo dei falsi eroi perdenti dei loro primi due riusciti esperimenti cinefili.
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