Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Dopo quella targata Garrone (con Il racconto dei racconti), arriva, nello stesso anno, la delusione anche da parte di Sorrentino. A me già non era piaciuta, del regista napoletano, la trasferta americana di This Must Be The Place, mentre avevo successivamente apprezzato La grande bellezza. Questo Youth, che aspira a un cinema metafisico e internazionale, con protagonisti l'inglese Michael Caine e l'americano Harvey Keitel (due monumenti viventi del cinema), è al tempo stesso criptico e smaccato per essere minimamente convincente. È un peccato che uno dei pochi registi italiani con qualcosa d'interessante da dire anche sul piano concettuale sprechi così il proprio talento, ampiamente dimostrato in altre prove. Del resto, non c'è bisogno di un grande talento registico nel mostrare il corpo nudo della statuaria Madalina Ghenea accanto a quelli cadenti degli anziani ospiti di un ospizio di lusso tra le vallate della Svizzera per suscitare il contrasto tra gioventù e vecchiaia. Che quest'ultima, per antitesi con il titolo vera protagonista del film, sia un'età complicata, che abbina la decadenza psichica a quella fisica, e che peraltro non può preludere ad altro che alla morte, non ci voleva Sorrentino per dircelo in maniera, secondo me, così banale. Volendo, bastava rifarsi alla saggezza popolare delle mie parti, secondo la quale «più che vecchi non si diventa».
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