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Youth - La giovinezza

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su Youth - La giovinezza

di leporello
5 stelle

Del quasi tutto che ho potuto vedere di Paolo Sorrentino, del quale mi innamorai all’istante già dai primi, eterni fotogrammi del tapis-roulant che trasportava Tony Servillo alla stazione ferroviaria di San Remo ne “Le Conseguenze dell’Amore”, questo “Youth” è forse il suo primo film (forse il secondo, considerando anche “L’Uomo in più”) a non essermi piaciuto. Forse in overdose di entusiasmanti lavori internazionali con relativi riconoscimenti, Sorrentino mi ha dato l’impressione di essere incappato nel classico delirio di onnipotenza in balia del quale ha vanamente tentato, riproponendo un’analoga ricetta, di amalgamare un piatto di alta cucina come era stato “La Grande Bellezza” (e a mio avviso ancor di più “This Must Be The Place”), dimenticandosi però di accendere il fornello, lasciando che quella che avrebbe dovuto essere la seconda, grande portata dello chef ormai affermato a livello planetario, sia rimasta una fredda lista degli ingredienti senza odore, né sapore.


Caine e Keithel sono un coppia niente affatto convincente, disgiunta, incompatibile, due Re per una scopa inutile di una partita  giocata male, a casaccio, con le carte dei vari personaggi calate alla spera in dio nella vana attesa che il compare tiri fuori al momento giusto il settebello per una salvifica primiera, compresa la carta musicale dove Sorrentino è Maestro, e che qui è invece aggrappata ai campanacci di quattro mucche, simpatiche, per carità, ma spingono verso il basso un livello che non è quello solito attendersi dal nostro regista.


La partita si è persa non a caso a Cannes, dove Sorrentino ha dimostrato un certo affaticamento specie in quella maestria di muovere la camera che nei due precedenti film era stata la punta di diamante, al di là delle tematiche affrontate, delle storie raccontate (l’unica degna di interesse, in questo “Youth”, è il menage familiare del personaggio di Caine incastrata malissimo in un forzato rapporto di parentela col Re amico Keithel): un preoccupante campanello d’allarme che ci avvisa di un possibile, precoce deterioramento di uno dei nostri registi migliori.

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