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Youth - La giovinezza

Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film

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La recensione su Youth - La giovinezza

di pippus
8 stelle

Ho prima visto il film e ne scrivo dopo il giudizio della giuria di Cannes. Non sono del tutto in sintonia con quest'ultimo, tuttavia, come disse Cesare davanti agli asparagi al burro, de gustibus non est disputandum.

Quale potrebbe essere il genere con cui definire quest'ultimo lavoro di Sorrentino? Leggo da più parti "drammatico" (ma lo trovo riduttivo), forse necessiterebbe coniare un nuovo termine ad hoc sul tipo "poetico/subliminale", oppure "psico/meditativo".

Quella che ci viene presentata non è la storia dei protagonisti ma, piuttosto, le riflessioni sul loro vissuto nel contesto vacanziero di un resort di montagna: dialoghi e rapporti con le altre figure del presente e, nel caso della moglie di Fred, del passato.

Opterei per evitare un banale riassunto del film, sarebbe pleonasticamente inopportuno in quanto occorre "vedere", e possibilmente "rivedere", con attenzione ogni sfumatura. Di nuovo, come nella "Grande Bellezza", Sorrentino ci immerge nelle meditazioni intime dell'individuo con alle spalle una vita vissuta pienamente. E, anche qui, ci sono le contraddizioni: grandi uomini/grandi lacune; Fred/Caine risoluto a non esibirsi più e Mick/Keitel risoluto a portare a termine il suo ultimo film. Saranno entrambi sconfessati dall'imprevedibilità degli eventi: l'uno con una, seppur effimera, ossimorica giovinezza ottuagenaria, e l'altro con un epilogo più drammatico che non è il caso di rivelare. Anche qui, nel corso dell'incontro/scontro tra Brenda/Fonda e Mick/Keitel, assistiamo a un imbarazzante e pungente "sermone" sul genere di quello espresso dal Jep Gambardella nell'opera precedente. Ogni personaggio satellite ruota attorno all'escatologia intesa come interrogazione sul destino ultimo dell'uomo, e ognuno di loro apporterà il suo personale messaggio. A tal proposito, ce ne vengono proposti un' eterogenea varietà: un innominato Maradona che, seppur obeso ed asmatico, manifesta ancora insospettate reminescenze calcistiche; un affermato attore (Jimmi/ Dano) alla ricerca di un personaggio da interpretare per il suo prossimo film; Weisz/Lena, figlia di  Fred, con le sue traversie, prima con il figlio di Mick e poi con lo scalatore alternativo. Non di meno una curiosa serie di figure minori ma complementari, quali l'emissario della regina, la massaggiatrice cantante, l'inquietante ma affascinante miss universo - nei confronti della quale i due non sono del tutto insensibili -, il bambino aspirante violinista, gli sceneggiatori aiutanti di Mick ,nonché il mistico levitante ecc. Non mancano passaggi e situazioni esilaranti allo scopo di non appesantire in modo eccessivo l'aspetto toccante e, talvolta, commovente del tema trattato.

Nella consapevolezza di non essere al cospetto di un'opera manieristica, senza remore affermerei  (forse enfatizzando un pochino la terminologia), quanto sia facile per lo spettatore subire passivamente l'indubbio fascino dello stile Sorrentiniano che, in alcune scene, a mio parere raggiunge l'apice della sua bravura.

Le molteplici sequenze notturne, riprese rigorosamente con le sole calde luci normalmente presenti senza l'ausilio di altre sorgenti luminose di supporto, catturano l'attenzione e ci si ritrova ipnoticamente inglobati in un'immagine a tre dimensioni che tutto e tutti avvolge ( e qui alludo, in particolare, alla magistrale sequenza notturna di piazza S. Marco con l'acqua alta).

Una vera poesia delle immagini supportata da un'altrettanto valida partitura musicale. Indubbiamente una delle opere migliori di Sorrentino.

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