Regia di Uwe Boll, Ruggero Deodato, Anthony DiBlasi, Marian Dora, Andrey Iskanov, Ryan Nicholson, Yoshihiro Nishimura, Michael Todd Schneider, Richard Stanley, Sergio Stivaletti, Nacho Vigalondo vedi scheda film
Collettivo ultrasplatter dalla lunga e travagliata produzione. Offre due episodi (tra i migliori) di origine italiana: "Bridge" di Ruggero Deodato e "Tophet Quorom" di Sergio Stivaletti. Non per tutti, anzi, decisamente per pochi...
Amouche Bouche - regia di Jeremy Kasten (**)
Intermezzo che collega i singoli episodi, spesso girato a velocità "inversa", privo di alcun senso: mostra diverse sequenze di lavorazione, a scopo alimentare, effettuate sul corpo di un cadavere umano.
Manna - regia di Michael Todd Schneider (*1/2)
Una discoteca parigina cela in realtà il ritrovo di una società segreta, i cui adepti possono accedere alla Sala dei Supplizi. Un tetro locale nel quale si svolgono allucinanti rituali BDSM. Ne fa le spese un ignaro cliente del locale, dopo essere stato sedotto da una ragazza e violentato a turno da giovani fanciulle vestite in latex. Il poveretto verrà trattato come se fosse una prelibata pietanza, tenuto in vita man mano che parti del suo corpo, opportunamente conciate, finiscono per essere consumate a "buffet".
The Hell-Chef - regia di Yoshihiro Nishimura (**)
Giappone. Una prostituta, che indossa una maschera Nõ (Maki Mizui), si apparta con un cliente (Hiroki Murakami) con il quale ha un alterco. Lo colpisce più volte alla testa credendo di averlo ucciso, mentre in realtà l'uomo è solo stordito. Nella camera della ragazza entra un'amica che propone di liberarsi del corpo, cucinandolo. Quando il disgraziato riprende i sensi, per via di un coltello che gli penetra nella gamba, non può fare nulla per arrestare la follia delle due scatenate cannibali assassine.
Basement - regia di Uwe Boll (**1/2)
Un padre - grazie al beneplacito della moglie - tiene segregata in cantina la giovane figlia, con la quale mantiene costanti rapporti sessuali.
Bridge - regia di Ruggero Deodato (***)
Una donna passa l'intera giornata su un ponte: è depressa, pensierosa, stanca di vivere. La notte tenta di uccidersi, sino a quando le appaiono dinanzi due bambini, che l'hanno seguita per tutto il tempo.
Tophet Quorom - regia di Sergio Stivaletti (***)
Riccardo (Simplicio De Rosa) nasconde alla moglie Silvia (Marta Paganelli) la verità sulla tragica morte, avvenuta per omicidio, della sorella suora per non aggravare una situazione già critica: Silvia ha appena partorito, scoprendo con orrore che uno due gemelli è morto. In realtà il bambino è stato rapito da Riccardo, capo di una setta satanica, il quale intende utilizzarlo per dare corso a un sacrificio umano in onore al dio Moloch. Quando Silvia lo scopre, lei stessa finisce per essere, dolorosamente, "trasformata" dal marito in una donna lupo.
Goodwife - regia di Ryan Nicholson (****)
John (Dan Ellis) nasconde dietro l'impeccabile ruolo di marito affettuoso una seconda identità di sanguinario assassino. Lo vediamo massacrare, con inaudita ferocia, una giovane donna. Ha un vizio feticista, come ogni serial killer, quello di collezionare fotografie delle sue vittime. La moglie Lisa (Monique Parent) le scopre, ma anziché restarne sconvolta decide di unirsi a lui, condividendone la depravazione.
Mors in Tabula - regia di Marian Dora (***)
Germania, anni Trenta del XX° secolo. In un paesino sperduto un medico visita un ragazzino (L. Dora), gravemente sofferente per via della difterite. Non c'è tempo per trasferirlo in ospedale, a causa dell'accumulo di muco che ne compromette la respirazione, pertanto l'uomo decide di agire immediatamente effettuando una tracheotomia, aiutato nell'operazione dal padre (Thomas Goersch) del bambino. Terminato con successo l'intervento, mentre in sottofondo da una radio risuonano i cupi discorsi razzisti di Hitler, il dottore scopre, visionando la cartella clinica, che il piccolo è insano di mente.
Sins of the Fathers - regia di Nacho Vigalondo (*)
Per aver subìto violenza sessuale da parte del padre, quando ancora in tenera età, un uomo (Didac Alcaraz), appoggiandosi a una non meglio precisata organizzazione, intende torturare l'ormai anziano e ammalato genitore (Josep Segui Pujol) tentando di ricreare lo stesso ambiente (la camera da letto) in cui avvenivano le sevizie.
Mother May I - regia di Anthony DiBlasi (**)
Suor Sylvia (una superiora autolesionista) abusa di alcune ragazze, ospiti nella sua casa di accoglienza, facendo loro scontare pene per peccati reali e, perlopiù, immaginari.
"Abbiamo l'analisi del DNA e non ci sono dubbi: nei diciotto mesi di segregazione suor Marta è stata violentata, torturata e mal nutrita. Il patologo dice che è morta di parto. (...) Per la gente comune suor Marta risulterà una delle tante persone scomparse."
(Dall'episodio Tophet Quorom)
The Profane Exhibit: scena episodio "The Hell-Chef"
Film indipendente, assolutamente stravagante e non per tutti, la cui genesi è stata alquanto travagliata: l'idea parte dall'allora produttore David Bond, nel 2011, quando si rivolge a Scott Swan (gia all'opera per la serie televisiva Masters of Horror) dandogli il compito di scrivere brevi sceneggiature. Nel 2013, i produttori David Bond e Amanda L. Manuel avevano già fatto girare la maggior parte di The Profane Exhibit, composta da cinque cortometraggi (Ruggero Deodato's Bridge, Sins of the Father di Nacho Vigalondo, Tophet Quorom di Sergio Stivaletti, Mors in Tabula di Marian Dora e Basement di Uwe Boll). L'anteprima dell'evento, tenutasi lo stesso anno presso l'Housecore Horror Film Festival (Texas), sconvolge, in senso negativo, i pochi spettatori. Il progetto si arena. Diversi anni dopo la produttrice Amanda L. Manuel dimostra interesse per finanziare un cortometraggio diretto da Michael Todd Schneider (Manna). A quel punto la stessa Manuel pensa di riprendere in mano il progetto di The Profane Exhibit, ingaggia nella lavorazione altri registi, in sostituzione di quelli coinvolti sin dall'inizio ma che finiranno poi per non collaborare o lasciare incompiute le riprese (Richard Stanley, Andrey Iskanov e José Mojica Marins). Alla fine, comunque, ne viene rilasciata questa versione - presentata in anteprima al Buffalo Dreams Fantastic Film Festival il 21 agosto 2022 - composta da dieci episodi, ciascuno doppiato nella lingua originale del regista, dalla qualità molto differente l'uno dall'altro.
The Profane Exhibit: Dan Ellis in "Goodwife"
Amouche Bouche di Jeremy Kasten è un tripudio di scene da macelleria (letteralmente), talmente insensato da finire per essere a sua svolta smembrato e piazzato come riempimento tra una storia e l'altra. Manna di Michael Todd Schneider, pur essendo per concezione e realizzazione molto simile ad Amouche Bouche, perlomeno offre una serie di personaggi in azione, in un contesto pur sempre poco approfondito e per nulla credibile. The Hell-Chef di Yoshihiro Nishimura sembra il risultato di qualcuno che ha girato sotto effetto di sostanze allucinogene, come dimostra il finale, con una delle due assassine in volo sulla città grazie a un ombrello (Mary Poppins docet). Basement di Uwe Boll è quello, stranamente considerato l'autore, meno violento pur se più triste essendo ispirato alla reale figura del patetico Josef Fritzl, padre incestuoso le cui turpissime azioni sono messe in scena mentre, a far da sottofondo musicale, scorre la classica Sonata al chiaro di luna di Beethoven. Bridge di Deodato ha il sapore di un'incompiuta, con la sua durata di poco oltre i tre minuti. Tophet Quorom di Sergio Stivaletti (doppiato in italiano) offre una fiera di effetti splatter; nel corto c'è finito anche Antonio Tentori (presente tra i satanisti che gridano "Alla tua gloria, sommo Moloch" e vittima - as usual - della donna lupo). Anche qui la sensazione è quella di un progetto non andato del tutto in porto, del quale rimangono vaghi e svariati spunti (la metamorfosi di Silvia non può non ricordare Rabbia furiosa, dello stesso Stivaletti). Goodwife di Ryan Nicholson è sicuramente il migliore del lotto, la cui trama è semplicissima ma presenta una serie di sequenze sanguinarie di un realismo inappuntabile pertanto, a dir poco, raggelanti. Mors in Tabula di Marian Dora non rispetta lo standard "nichilista" del regista (Dora è un controverso cineasta tedesco celato dietro uno pseudonimo, decisamente impopolare, i cui disturbanti lavori sono riservati a pochi appassionati di "cinema extreme" dotati di buon pelo sullo stomaco). Dal regista di Timecrimes (2007), Nacho Vigalondo, ci si sarebbe aspettato qualcosa di ben migliore dello scialbo Sins of the Fathers. Chiude l'antologia, in via eccezionale senza presenza di effetti disgustosi, Anthony DiBlasi con l'anticlericale e modesto Mother May I. Concludendo, The Profane Exhibit è un lungometraggio antologico che soffre di una mancata coerenza interna, forse a causa del tribolato processo produttivo, mentre sguazza in una compiaciuta, per certi versi inadatta, iperviolenza fine a sé stessa.
The Profane Exhibit: L. Dora durante l'intervento di tracheotomia in "Mors in Tabula"
The Profane Exhibit: scena episodio "Manna"
"Nel nostro sangue si trascina una folla di vite trascorse: di alcune conosciamo qualcosa, delle più non sapremo mai niente."
(Mario Andrea Rigoni)
F.P. 23/08/2023 - Versione visionata in lingua tedesca, spagnola, inglese, giapponese, italiana (durata: 90'10")
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