Regia di Laura Bispuri vedi scheda film
Tutti gli occhi sono per Alba, e come biasimarle, le pupille, se la giovane star festivaliera entra in scena quasi subito vestita da uomo? Non siamo dalle parti di Boys Don't Cry, Vergine giurata dell'esordiente Laura Bispuri tenta con un linguaggio scarno, essenziale, ma che si concede rari picchi lirici, di raccontare una storia di identità e di libertà, che sulla carta bastava per poche righe di script, e che invece la promettente regista romana illustra riuscendo a immergerci nei tempi delle cose. E' evidente già nell'incipit, l'inseguimento alla capra, così come nel resto dei primi dieci minuti. Osservando la protagonista muoversi in un ambiente nevoso dell'Albania montuosa si viene catapultati in una condizione particolare di vissuto. La protagonista è infatti parte di una comunità che nonostante le di lei fattezze (anzi, proprio grazie a quelle, autoimposte) la tratta alla pari degli uomini, laddove le donne sono quasi misconosciute o almeno hanno pochissimi diritti sul loro operato e sul loro destino. Tanto che almeno all'inizio viene il sospetto (sempre che non si conosca la trama) che la Rohrwacher si sia lanciata nell'interpretazione di un personaggio maschile, benché stoni davvero troppo il suo volto femminile decisamente noto nei panni di un personaggio dall'identità ambigua. E la scelta dell'attrice suscita qualche dubbio anche quando la trama si rivela per quella che è e scopriamo che lei è una vergine giurata che si veste da uomo per avere pari opportunità degli uomini; si diceva, i dubbi permangono, perché sembra che l'attrice famosa si presti a promuovere il film più che a recitarci davvero, e certo la pellicola avrebbe goduto di maggiore impatto e forse rigore se si fosse scelto un volto meno noto nei circoli festivalieri.
Nonostante questo, il film va a fondo nei meccanismi di un'identità violata, senza scivolare in qualunquismi né distogliendo l'attenzione da ciò che veramente interessa, la possibilità della libertà e del compromesso con una cultura natale che rimane sempre un punto fisso e costante, mai condannata nonostante castratrice prima della libertà, elemento dunque sempre ambiguo nel proseguire dei giorni della protagonista (dei protagonisti, in realtà). Tant'è che, non appena la protagonista sembra poter recuperare la libertà perduta, non smette comunque di vestirsi da uomo, pur togliendo la fascia che appiattisce il seno sostituendola con un reggipetto: il suo cambiamento non è brusco, né - come rivela il finale - alla Bispuri interessa vederlo giungere a termine. Tramite i dialoghi serviti da una sceneggiatura non proprio brillante (che sfigura rispetto al talento figurativo della regista), si cerca di costruire, non sempre con successo, il carattere dei comprimari, la "sorella" della protagonista, la nipote, il cognato, come anche i personaggi del suo passato, che irrompono nel tessuto narrativo del film con flashback che non pesano e che si rivelano funzionali nel rappresentare le metamorfosi di Hana alias Mark. Pur nei tempi dilatati e benissimo diretti, il film passa svelto forse senza lasciare troppi segni ma anche commuovendo in piccoli momenti evidentemente simbolici/emblematici, come le bellissime carrellate sui corpi che fanno il bagno in piscina un giorno che Hana va a guardare la performance di nuoto sincronizzato della nipote (dal canto suo prima brusca, poi affabile nei confronti di una zia strana e insolita).
A salvarsi è infatti anche la scelta di interrompere il film presto, senza dilungarlo eccessivamente e renderlo ridondante come volendo rischia di essere in rari momenti. D'altro canto il finale, forse un po' troppo conciliante, riesce a concludere alcune cose, ma a lasciarne aperte altre, tanto che si fatica a credere di essere arrivati ai titoli di coda così in fretta. Nonostante dunque il carattere esplicito di tutta l'operazione, Vergine giurata vanta splendidi ritratti di ambienti e atmosfere, inquadrature che alternano grandangoli (uno notevole nella solita piscina) e primi piani (con l'attenzione per i dettagli corporali), paesaggi mozzafiato e messa in scena di tradizioni misteriose, che non smettono di essere mai fortemente condizionanti e dopotutto positive. In effetti, la vergine giurata diventa una scappatoia per riuscire ad accettare la diversità in una comunità chiusa e bigotta, una possibilità che è certo più accettabile dell'assurda noncuranza per la dignità umana. Dunque, il bello del film è proprio il suo evitare qualunque intento folkloristico, rifuggire gli spiegoni, non condannare nessuno, e lasciarsi trasportare dagli eventi con una mdp mossissima e necessaria, che sa giocare con il montaggio e il sonoro e si fa portavoce di un futuro promettente per un'esordiente che speriamo di rivedere presto all'opera.
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