Regia di Laura Bispuri vedi scheda film
È tutto chiaro. È tutto evidente. La tradizione e la modernità. La campagna e la metropoli. Una donna che si fa uomo per essere libera - “vergine giurata”, appunto - e torna a essere donna per essere veramente libera. La metafora della condizione femminile, nella storia ispirata all’omonimo romanzo di Elvira Dones che si alterna tra il passato della protagonista incastonata nelle montagne mozzafiato dell’Albania più profonda, il paese delle aquile, e il presente d’una grande città italiana, è espressa con forza e con una sana dose di non detto. Le parole sono ben calcolate, perché il primo film della talentuosa Laura Bispuri gioca molto sull’immagine, sulla suggestione ancestrale del Kanun, l’antica legge consuetudinaria albanese, e, soprattutto, su Alba Rohrwacher, perfettamente in simbiosi con il suo personaggio. La macchina da presa la pedina, le sta sulla nuca, ne indaga il fisico mascolino, l’incedere dinoccolato. Poi però il lento riappropriarsi della propria femminilità nella ”civile” città italiana passa attraverso episodi resi in maniera un po’ forzata e quindi un po’ banale. Più ispirata, invece, la parte in Albania, dove la regista sembra essere maggiormente a suo agio, se non più interessata, soprattutto nel ritrarre la protagonista bambina e adolescente. Qui, paradossalmente, la freddezza degli ambienti e delle tradizioni rende il film più caldo, più sentito, più vero.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta