Regia di Alberto Bevilacqua vedi scheda film
Al terzo film da regista, Alberto Bevilacqua scelse una via più grottesca, anche se piuttosto drammatica, infine, al cinema: cambiando il protagonista, da Ugo Tognazzi a Nino Manfredi, nel mirino dello scrittore c'è sempre la folle giostra del Potere, cui si danno qui connotati più demenziali ( si veda l'orgia prima della fine, che sa di squallore e tristezza) e si elogia l'utopistica poetica del personaggio di Nino Manfredi, depredato degli affetti, di tutto, ma capace di elargire un sonorissimo schiaffo morale allo schifoso Gerarca interpretato da Eli Wallach. Se l'intento è encomiabile, un pò meno lo è il risultato finale: e benchè gli interpreti siano validi, è evidente che il film scappa di mano a Bevilacqua, che infarcisce di sin troppe allegorie una storia che avrebbe potenzialmente le caratteristiche di un bel racconto morale ( e non moralistico, come invece a un certo punto il film diventa). Insuccesso al botteghino, non troppo conosciuto al giorno d'oggi, probabilmente segnò in negativo l'andamento della carriera registica dell'autore de "La califfa".
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