Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Morte accidentale (?) di una studentessa in apertura di film. Che sia un delitto? Di sicuro ci sono dei colpevoli, e pure un gruppo di misteriosi personaggi (terroristi?) che uno a uno catturano i responsabili (?) sottoponendoli a sevizie giustizialiste che contemplano, immancabili, randellate e martellate. Ce n’est qu’un début, perché come già nel precedente Moebius l’evento scatenante è un pretesto per l’accumulo di situazioni violente e grottesche, preludio alla vendetta. Si ripete, il grande Kim Ki-duk? Forse. Ed è vero che il suo film politico per eccellenza resta Pietà, Leone d’oro veneziano nel 2012. Ma con One on One (“uno contro l’altro”) il discorso si libera da ogni metafora anche poetica.
La giovane vittima, ad esempio, si chiama Oh Min-ju, che dal coreano potremmo tradurre come una sorta di invocazione, tipo “Oh, Democrazia!”... E lo smarrimento dei colpevoli è - volutamente - lo stesso degli spettatori. C’entrano davvero con il delitto? E noi, c’entriamo? La repubblica coreana soffre di insanabili contraddizioni sociali che secondo Kim contemplano, di collettive, soprattutto le colpe. Ed ecco quindi un moderno Saint-Just orientale con il suo comitato di salute pubblica... La provocazione massima del cineasta è tutta in questo dare mazzate nel mucchio al quale lui per primo sente di appartenere. E come spesso capita con i capitoli più radicali del suo cinema, prendere o lasciare.
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