Regia di Sebastiano Rizzo vedi scheda film
Fosse una fiction in due puntate, magari accorpate e tagliate per occupare lo spazio di un prime time nel palinsesto di Rai2, il debutto di Rizzo alzarebbe l’asticella degli standard deteriori a cui la tv di stato ci ha ormai abituato. La storia di giornalismo eroico narrata - con le denunce che il fantomatico quotidiano “Paese del sud” e il suo tenace direttore Riva scagliano contro il sistema mafioso in Sicilia - tocca corde profonde utilizzando il popolare linguaggio degli slogan, delle citazioni (da Anna Politkovskaja e Giuseppe Fava), della retorica a largo consumo («la mafia è in guerra e noi no», «qui una volta si faceva politica», «adesso tutti credono solo alle cazzate che dice la televisione»), dell’aggancio a ferite di cronaca nera mai del tutto rimarginate (i casi di Peppino Impastato e Giancarlo Siani, quest’ultimo raccontato in Fortapàsc e nel meno conosciuto E io ti seguo: recuperatelo). A completare il quadro, come fiction comanda, qualche storia sentimentale sullo sfondo e la vita privata di Riva che va a rotoli. La regia non ha una direzione precisa, smarrendosi nelle sequenze in interni e ritrovando la misura del punto (e dei movimenti di) macchina negli interni in casa, redazione, questura e uffici. Ma anche il montaggio segue le strutture del piccolo schermo - piano d’ambientazione, scena in interno e taglio netto - e l’occasione, purtroppo, è sprecata: il linguaggio cinematografico è un’altra cosa.
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