Regia di Lav Diaz vedi scheda film
"Questa intensità del fotogramma non è analizzabile perché è l'analisi in sé, è l'analisi stessa.
Un solo sguardo e siamo già presi, perduti per sempre o salvati, anche se non vogliamo essere salvati e forse non ce ne accorgiamo neanche che sta per avvenire."
(Enrico Ghezzi su Florentina Hubaldo, CTE)
L'occhio della macchina da presa si apre, per la prima volta, nel bel mezzo di una strada sterrata. In lontananza, dopo qualche minuto, riusciamo a scrutare delle figure avvicinarsi verso di noi.
Passa prima un uomo anziano e, a seguire, una giovane ragazza che tiene tra le mani una corda alla quale sono legate due capre.
Escono dal quadro.
Non c'è inizio e non c'è fine. La memoria è stata definitivamente cancellata. Florentina Hubaldo, CTE non ha tempo ma si sviluppa in funzione di esso perché, nel suo lento incedere, nel suo ritornare sempre su se stesso, viviamo un'esperienza che ci riporta a stretto contatto con il senso di temporalità (nonostante non si arrivi ad una conclusione vera e propria).
Eppure, dietro ogni singolo fotogramma si nasconde un universo intero. Bastano cinque minuti, solo cinque minuti, per poter essere trasportati all'interno di una realtà senza tempo, così lontana da essere straordinariamente vicina.
Florentina Hubaldo, CTE, nelle sue sei ore di durata, scorre come un fiume o, meglio, come un piccolo ruscello interrotto da continui ostacoli, e noi, in quanto spettatori, siamo obbligati a seguire questo percorso. Solamente alla fine, però, ci rendiamo conto che tutto quello che ci è stato raccontato (se si può realmente parlare di racconto) rappresenta solo un'infinitesima parte di un eterno ritorno, di un continuo riproporsi.
Lav Diaz, attraverso la sua lenta e spesso immobile macchina da presa, apre le porte di un mondo intero e lascia a noi tutte le resposabilità. Un ultimo giudizio, un ultimo sguardo che può, una volta per tutte, salvare Florentina, dando un senso alla sua storia.
Un'unica possibilità di salvezza.
"Mi chiamo Florentina Hubaldo. Sono nata ad Antipolo. Ma prima che compissi 10 anni, ci trasferimmo qui a Bicol. In quel periodo, in circostanze inspiegabili, mia madre morì. Da allora mio padre diventò crudele con me e con mio nonno. Era molto crudele.
È sempre ubriaco. Mi picchia. Mi sbatte forte la testa contro il muro. Mi spinge.
[...] Mi teneva in catene affinché non potessi scappare."
Florentina Hubaldo, fin da bambina, è stata sottoposta alle violenze del padre ed è stata costretta alla prostituzione. La ferocia che si è abbatutta su di lei ha lentamente lacerato il suo corpo e la sua anima.
Florentina ha sempre il mal di testa e non ricorda il suo passato. È costretta a ripetersi in continuazione le stesse parole, per non dimenticare. I suoi sogni e le sue visioni si mescolano con quei pochi ricordi rimasti dall'infazia.
Il suo lamento è l'urlo di disperazione di un intero paese.
Lav Diaz insiste, inquadra in maniera persistente la sua protagonista, documentando la sua disperazione e rendendoci partecipi di quegli eventi che si riprongono sempre uguali a se stessi. Ma non c'è un fine, non c'è una solzione, una possibilità di salvezza interna alla narrazione. Solo un continuo ripetersi che, con l'avanzare dei minuti e delle ore, ci rende ancora più insopportabile e insostenibile la sofferenza di Florentina e ci invita, così, ad ascoltare la sua voce.
Siamo noi, come già accennato prima, che abbiamo la possibilità, anzi, il dovere di salvare quella vita, provando a dare un senso a quel quadro frammentario di eventi intricati, tra sogno e realtà, che non ha un vero e proprio inizio e non ha una fine.
Florentina Hubaldo, CTE vive e si concretizza nello spazio e nel tempo, nella profondità di campo del singolo fotogramma e nel frenetico movimento di macchina tra le luci notturne di una festa di paese.
Ed è proprio attraverso un altro spazio che Lav Diaz complica e intensifica la potenza della sua opera fluviale. Non solo Florentina, infatti, è alla ricerca della propria salvezza.
"Da dove arriva la cattiveria dell'uomo? Da dove arriva la violenza dell'uomo? Da dove arriva la crudeltà dell'uomo? Perché esiste il sacrificio? Perché esiste il dolore? Perché esiste la tristezza? Qual è l'essenza della vita in questo mondo? Qual è il senso della vita di Florentina Hubaldo e Lolita Hubaldo?" si domanda il malinconico Hector che, assieme a Teresa, si prende cura della figlia adottiva, malata ai polmoni fin da quando era ancora una bambina.
E siamo proprio noi, ancora una volta, ad essere presi in causa, ad essere trasportati all'interno dell'immagine. Perduti per sempre o salvati, per riprendere le parole di Enrico Ghezzi.
E non può non venirci in mente, a questo proposito, la soggettiva del geco che, dopo diversi giorni, viene finalmente scovato e catturato da Juan, l'amico di Manoling. Perché Florentina Hubaldo, CTE non ha ragione d'esistere senza il nostro coinvolgimento. Perché il continuo scavare alla ricerca di un tesoro non porta a nulla se non ci si rende conto che quel tesoro si nasconde nell'occhio stesso di chi guarda. E non ci sono altre vie d'uscita, non c'è la possibilità di godere di un intrattenimento solo ed esclusivamente passivo.
Perduti o salvati.
Il cinema di Lav Diaz è un cinema di complessità: di profondità di campo esagerate, di inquadrature statiche e dinamiche, di lunghe ellissi, di frammenti e di racconti intrecciati.
L'immagine ci rapisce e la visione si trasforma in esperienza. Ma l'esperienza si concretizza solo ed esclusivamente se lo spettatore è disposto a perdersi in essa. Solo a chi guarda, infatti, è data la possibilità di giudicare, ma, per citare ancora una volta Ghezzi, questa è una possibilità tremenda, perché "dobbiamo farci Dio, dobbiamo farci capaci di giudicare dove non vorremmo neppure cominciare a vedere". Ma è proprio qui che si nasconde il senso più profondo di questa pellicola così straordinaria.
Lav Diaz ci consegna un mondo, il suo mondo, e ci chiede di interpretarlo, di scrutarlo per poi analizzarlo. Ci chiede, in altre parole, di provare a rispondere a tutte quelle domande che suscita la visione nelle sue sei ore di durata (compresi i terribili interrogativi esistenziali del padre adottivo di Lolita Hubaldo).
Lo spettatore attivo, sommerso dalle immagini, deve intervenire dove la mente di Florentina non riesce più a ricordare, unendo, pezzo per pezzo, i discorsi e le riflessioni di Hector per poi provare a decifrare i collegamenti e i frammenti del racconto.
Florentina Hubaldo, CTE è dunque, anzitutto, un gesto d'amore che ripone tutta la sua fiducia nello spettatore. È un'opera che ti abbraccia e poi ti sommerge. Sembrerebbe non dirti niente ma, in realtà, ti dice tutto.
Ma se da una parte lo spettatore si trova ad occupare una posizione privilegiata, è l'autore, è Lav Diaz il creatore di questa grandiosa e folgorante messa in scena. "Lav isn't making paintings, he's building mountains. With majestic black-and-white HD cinematography, the film had multiple narrative, kind of series of portraits of inner and outer landscapes: human stories, history and the natural world." scrive giustamente Joel Shepard.
L'opera fluviale del cineasta filippino si contorce, si divide, si abbandona nella contemplazione di Florentina che gesticola e cerca un contatto in mezzo alla strada o che danza assieme ai giganti (sequenze di una potenza straordinaria). Florentina Hubaldo, CTE è l'esperienza del cinema all'interno del cinema stesso, che prende vita attraverso i contrasti luministici, le profondità di campo esasperate, i lunghissimi piani sequenza e la maestosa interpretazione di una Hazel Orencio che rappresenta, al tempo stesso, il dolore e la commozione di tutte le Filippine.
Lav Diaz con Florentina Hubaldo, CTE firma un'opera monumentale destinata a lasciare il segno, chiedendo allo spettatore di uscire dalla sua condizione di passivo osservatore di una realtà fittizzia per entrare a contatto con un mondo lontano che chiede solamente di essere giudicato e salvato.
Tutto questo ad una condizione: farsi travolgere dalle immagini. Solo così saremo in grado di trasformare la visione in esperienza e potremo finalmente renderci di conto di aver preso parte all'opera di uno dei più importanti cineasti del cinema contemporaneo.
"Mi chiamo Florentina Hubaldo. Sto sempre insieme ai Giganti. Io li vedo. Giochiamo sempre insieme. Giochiamo a nascondino nella foresta. Corriamo intorno alle rocce. Scorrazziamo sotto le stelle. Balliamo. Nei miei sogni sono sempre con me. I Giganti tornano sempre. Ho chiesto il loro aiuto.
Spero che ritornino, quei Giganti. Spero che tornino, perché loro mi aiuteranno. Mi aiuteranno.
Non mi ricordo niente. Mi fa tanto male la testa. Mi fa male tutto il corpo."
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