Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
Una profuga lituana, fallito il progetto di emigrare in Argentina, sposa per ripiego un pescatore siciliano ex prigioniero di guerra e lo segue a Stromboli, dove gli abitanti la considerano un’estranea e anche la natura sembra esserle ostile. Il film è tutto costruito in funzione della Bergman, e (anche tralasciando i motivi personali) è difficile dare torto a Rossellini: il contorno viene affidato a interpreti non professionisti, i cui personaggi (il marito, il prete, il guardiano del faro) restano poco definiti. D’altra parte nessuno dei due coniugi suscita simpatia: sono una coppia formatasi per caso e per opportunismo, senza neanche un briciolo d’amore, e quasi ci si stupisce che generino un bambino. Si tratta in sostanza di un caso di bovarismo acuito da un contesto obiettivamente ostico: un ambiente arcaico e selvaggio, nel quale gli uomini lavorano duramente per sopravvivere (da sottolineare due scene che oggi nessun regista oserebbe girare, ma che si potevano vedere in tempi meno sensibili alle sofferenze animali: un furetto che azzanna alla gola un coniglio e la pesca dei tonni). Convince meno la sottostante parabola religiosa, con l’ultima scena che realizza l’epigrafe iniziale (Isaia 65, 1 “Hanno chiesto di me quelli che prima non mi cercavano, mi hanno trovato coloro che non domandavano di me”): non mi sembra che la protagonista meritasse tanto.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta