Regia di Roberto Rossellini vedi scheda film
«Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film Roma Città Aperta e Paisà e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo “ti amo”, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei.»
(Ingrid Bergman)
Questa breve lettera dell’attrice svedese, viene riportata in tutti i manuali di cinema che studiano il neorealismo oppure le opere di Roberto Rossellini, confermandosi oggetto imprescindibile per comprendere Stromboli - Terra di Dio (1950), un’opera sullo spaesamento e sulla crisi interiore dell’individuo, che prima ancora di essere oggetto di materia filmica, era ffruttoalla radice di un travaglio interiore della stessa Ingrid Bergman.
Cosa spinge un’attrice all’apice del consenso di pubblico e critica negli Stati Uniti, a dare una svolta alla propria carriera, praticando un vero e proprio salto nel vuoto?
Roberto Rossellini, era sì la più grande novità del cinema dell’imminente periodo post-bellico, eppure era agli antipodi delle produzioni di Hollywood, figurarsi dello star system imperante, quindi perché rischiare tutto? Cosa suscitarono in Ingrid Bergman quelle immagini anti-spettacolari, pure e glabre, del nascente movimento neorealista? Forse il desiderio di fuggire da una vita coniugale non più soddisfacente in primis – durante le riprese tra Ingrid Bergman e Roberto Rossellini, nacque una storia d’amore che proseguì per svariati anni tra alti e bassi -, ma in realtà sicuramente c’era molto di più, ma nelle profondità dell'animo dell'attrice neanche Donald Spoto, il maggior biografo delle “star”, è mai riuscito a venirne realmente a capo.
Il cinema dell’artificiosità costruita (Ingrid Bergman), entra in contatto quello della realtà pura ed essenziale (Roberto Rossellini); l’incontro tra le due personalità, sblocca finanziamenti americani, con un budget di un milione di dollari, cifra abnorme per il regista italiano, molto più di tutti i suoi film precedenti messi assieme.
Era facile pronosticare, una svendita di Rossellini verso un cinema più commerciale ed in grande stile, dove i canoni neorealisti sarebbero divenuti un mero “marchio di fabbrica”, una fascinazione “rustica” da dare in pasto allo spettatore straniero, al posto di un sentire artistico, che si sarebbe disperso tra il budget produttivo “gonfiato” alto e la presenza divistica di Ingrid Bergman.
Nulla di tutto questo accadde, poiché Roberto Rossellini si dimostrò un regista ben più eclettico e sperimentale di quel che si pensava, portando il neorealismo ad una maturazione artistica, creando un nuovo linguaggio moderno cinematografico, che mirava ad un focus non esterno, ma interno all’individuo.
Stromboli – Terra di Dio (1950), prende i 10 minuti finali di Germania Anno Zero (1949), per dar vita una nuova tipologia filmica, basata su un “neorealismo interiore” (definizione dell’utente Steno79, presa dalle sue letture critiche), che unisce una vicenda dai chiari tratti autobiografici – l’ostilità e lo spaesamento di Karen (Ingrid Bergman), al suo arrivo nell’isola di Stromboli, su cui chiaramente si adombrano le feroci accuse della stampa italiana, per aver tolto il ruolo da protagonista ad Anna Magnani e di quella americana, per il suo non essere una buona “madre”, per via del tradimento coniugale nei confronti del marito -, ad inserti documentaristici; su tutti degli scorci dell’isola e soprattutto la pesca con successiva mattanza dei tonni, fondendo il tutto con un percorso di travaglio interiore della protagonista, che partendo dalla precedente vita da tentatrice dissoluta, passa per l'attuale straniamento dovuto all'ostilità della natura di Stromboli e dei suoi abitanti "incivili" molto differenti culturalmente da lei, approdando infine ad una possibile "conversione", mirante a far vedere a Karen, una realtà che vada ben oltre l'apparenza superficiale, pur non dando alcuna conclusione definitiva, perchè mai "finito" è il percorso interiore dell'essere umano, ben lontano dalle conclusioni "chiare" quanto "definitive" dei finali del cinema americano.
Roberto Rossellini prima di tutti, porta al cinema l’esistenzialismo come tema portante, riuscendo a comprendere come il neorealismo, se adeguatamente ripensato nel suo campo di indagine, andasse ben oltre la mera realtà sociale esteriore, potendosi sfruttare i suoi stilemi, per mettere in scena i moti dell’animo umano, in cui la realtà “empirica”, altro non è che una mera “esternalizzazione”, di un vasto mondo interiore.
Un’isola nel mediterraneo, farebbe immaginare ad uno straniero dalla mente ricolma di stereotipi, un classico luogo da catalogo; spiaggia luccicante, mare cristallino, ville fichissime e cocktail con l’ombrellino come ciliegina a condire tale scenario da sogno. Una mera illusione, com’era quella che s’era fatta in mente Karen, sposando il giovane soldato Antonio (Mario Vitale), seguendolo poi a Stromboli, dove l’uomo da civile svolgeva l’attività di pescatore.
La donna ci mette poco a comprendere come Stromboli, tutto sia tranne che un’isola da sogno, specie nel 1948 (anno di ambientazione del film), quando tale luogo era ben lontano dall’essere lambito dal turismo di massa.
La spiaggia è nera, ricoperta dalla cenere delle continue eruzioni del vulcano, le case dell’isola sono incrostate dalla salsedine di mare quanto la natura del luogo aspra, spoglia, brulla e selvatica, essendo costretta a crescere tra molte difficoltà in un luogo arido, ricoperto da rocce di lava solidificata.
Una terra ostile, il cui mare che la circonda, viene trasfigurato dalla macchina da presa che aderisce allo stato d’animo travagliato di Karen, in un enorme distesa d’acqua salata, atta ad impedire ogni possibile fuga, da un’isola, che ha assunto immediatamente le fattezze di una prigione opprimente.
Karen non ha pace, nelle sue continue passeggiate non riesce a trovare una meta, perdendosi tra vicoli e vicoletti, creati dalle piccole case di pescatori, in cui le manca persino l’aria. La permanenza forzata nell’isola di Stromboli, assume connotati di stampo metafisico-spirituali; un purgatorio infinito in cui scontare i peccati passati. Pure le parole di conforto spirituale del prete locale (Renzo Cesana), le suonano del tutto vuote, per via del suo materialismo ateo di stampo nordico.
Karen/Ingrid Bergman, lungo l’intercedere di una narrazione sempre più frammentata ed essenziale, viene costretta a rinunciare ad ogni manierismo gestuale, per giungere ad un'essenzialità intima, dovendo persino fare a meno della propria lingua madre, obbligata a parlare in un italiano difficoltoso, reso ancor più arduo dalla comunicazione in dialetto degli isolani.
Il processo di “spoliazione”, assume fattezze sempre più radicali, trovando il suo zenit nell’impervia ascesa allo Stromboli, che assume svariate valenze simboliche, delle quali, le letture più significative, non possono non aderire al ribollire incessante dello stato d’animo tormentato della donna, che nello smarrimento di debolezza più totale, invoca alla fine ripetutamente il nome di Dio, nella landa desolata dello "sterminator vulcano", tra i miasmi irrespirabili dello zolfo ed il magma incandescente nel cratere per la recente eruzione.
Un’entità infinita, che per Rossellini non è trascendente - non fatevi ingannare dalle stelle poste controcampo del volto di Karen, mentre invoca Dio -, ma assume chiari connotati spinoziano/panteistici, in quella pace immanente dell’animo, in grado di dare una visione rasserenata nei confronti del mondo, ma non risolutiva del tutto, perché il mondo interiore è in un continuo quanto incessante movimento, al pari del vulcano, la cui incessante attività eruttiva, è alla base di un continuo processo di “distruzione creatrice”, necessaria all’equilibrio del ciclo della natura.
Verrebbe a dirsi, che se non fosse per l'anti-letterarieta' stilistica, Rossellini abbia tradotto perfettamente in immagini cinematografiche astratte, l'universo concettuale del letterato latino Orazio; si può essere nel posto peggiore del mondo, ma se l'essere umano è in pace con sé stesso, non viene turbato da nulla.
Una mezza delusione al botteghino in Italia ed un totale disastro finanziario negli Stati Uniti (qui uscì una versione con oltre 30 minuti in meno ed una sciagurata voce narrante a voler dare un senso “razionale” alle immagini libere di Rossellini), nonché un’accoglienza critica fredda quanto contrastata - tranne Andrè Bazin in Francia -, in quanto delusa dal regista, per aver abbandonato i temi resistenziali, a favore di tematiche sull'analisi della solitudine in chave spirituale, che spiazzarono in molti facendo gridare al tradimento, quando in realtà,la componente metafisica, come ben sanno i lettori che hanno letto le analisi precedenti, da sempre è stata fondamentale per il cinema rosselliniano.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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