Regia di Jonas Carpignano vedi scheda film
Pio (Amato) è un quindicenne eclettico: non si limita al furto e al borseggio nelle stazioni ferroviarie, ma è anche uno specialista delle ruberie di rame, di quelle di oggetti tecnologici e nella ricettazione. Fuma compulsivamente e guida automobili e motorini (rigorosamente senza casco). E lo fa per sbarcare il lunario, giacché suo padre e suo fratello maggiore, sui quali poggerebbe l'economia della numerosissima famiglia, fanno il pendolo con il carcere. Pio fa parte de A cambria, la comunità rom di origine albanese di stanza in Calabria. Questi zingari chiamano "marocchino" qualunque africano (e Pio ha un amico nero - interpretato da Koudous Seihon - che è più che un secondo padre) e "italiani" tutti gli altri, vivono di espedienti e in un'allerta continua. In un ritratto iperrealista che, stando alle note di regia, nasce comunque da un copione scritto - sebbene tutti i personaggi recitino loro stessi, quasi sempre lasciando inalterati persino i nomi -, l'oriundo americano Jonathan Carpignano firma un romanzo di formazione spiazzante, di assoluto verismo, sotto l'egida nientemeno che di Martin Scorsese, qui nelle vesti di produttore esecutivo. E lo fa senza mai giudicare i suoi personaggi, bensì lasciando che sia l'azione a parlare, raccontando una realtà fatta di una lingua quasi incomprensibile (una pidginizzazione del calabrese), di espedienti continui, di guerra tra poveri, di analfabetismo e di un'impressionante promiscuità. Cinema coraggioso, antinarrativo, ad altissimo tasso di interesse sociologico, uno spaccato che si colloca su un terreno liminare, in quello spazio che sta tra finzione e cinema-verità.
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