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It Follows

Regia di David Robert Mitchell vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su It Follows

di mck
6 stelle

"Guardami!, ma senza dare nell'occhio!", o: il ruolo del genitore. Coming of Age: principio d'autunno a Detroit, sobborgo di Chernobyl, nel vicino retro-futuro (onirico) ricolmo di post-modernariato: mentre non li guardavamo i ragazzi(ni) di "the Myth of the American SleepOver" sono "cresciuti" (tra un T.S.Eliot a scuola e un Dostoievskij a casa).

 

 

Trilogia Horror ( It Follows - BabaDook - the VVitch ) / 1 : Benvenut* nell'AIDS, o : il tuo dolore (non) placa il mio.

 

 

• Premessa.

“Ogni critico, ahimè, è la triste fine di qualcosa che è cominciato come sapore, come delizia da mordere e da masticare.”
Julio Cortázar - “el Perseguidor” - 1959

 

 

Non so xché (hm, si, ho scritto ''xché'': volevo vedere l'effetto che faceva: fa veramente schifo, anzi - all'uopo - fa orrore: il correttore automatico di LibreOffice è morto, WordOnLine mi ha tolto il saluto), con malvezzo non celato e ricascante, mi sono messo in testa di esplorare questa nuova giovine trilogia horror

 

http://66.media.tumblr.com/fb088d59dfaa77599a6c017db9b10873/tumblr_nqnua1c4sK1ql6ak3o1_250.gif

 

[ post new-zombie/infetti (Z.Snyder/D.Boyle), post new-gothic (A.Amenabar), post Guillermo del Toro, post Neil Marshall, post Rob Zombie, post Brad Anderson, post Hostel, post J-Horror/Yurei, post/infra horror francesi (Haute Tension - A.Aja, Ils - D.Moreau/X.Palud, Martyrs - P.Laugier), spagnoli (Jaume Balagueró, Paco Plaza, Juan Carlos Fresnadillo), italiani (L.Bianchini), australiani (Wolf Creek), britannici (Ben Wheatley) e statunitensi stessi (Wrong Turn, HoneyMoon), e ancora tedeschi, russi/est-europei/balcanici (A Serbian Film), scandinavi (Lasciami Entrare), messicani, canadesi, sudcoreani ("Gwoemul", "Stoker"), esuli/politici (A Girl Walks Home Alone at Night)...]

 

 

--- l'atto di riunire questi tre film recenti in una supposta ''trilogia'' è puramente arbitrario e del tutto legato alla loro ''fortuita'' uscita semi-contemporanea (fine 2014 - inizio 2016) --- osannata da un folto ed eterogeneo gruppo di critica giovine e meno giovine cosmopolita [ no, non porterò esempi e pezze d'appoggio per questa affermazione: c'è google, goog(o)late; un tempo si sarebbe detto : “C'è l'edicola, edicola(n)te!”, o : “C'è la biblioteca, bibliotecario!”. Insomma, allocinatevi un po' ], datosi che una mia personale trilogia, anzi pardon, financo quasi semi-dozzina horror angloamericana ( made in U.S.A. e commonwealth britannici, canadesi, oceanici e dintorni…) --- altrimenti i già citati "the Others", "Gwoemul", "Lasciami Entrare" e così via ne farebbero parte posizionandosi nella zona sommitale ---, dotata di tutti i necessari attributi maschili e femminili, semantici e sintattici, scopici e scandaglianti, rilevatori e rivelatori, già ce l'avevo, come ancor ce l'ho, del resto, vale a dire : 1-2-3. “Land of the Dead”-“Diary of the Dead”-“Survival of the Dead”, George A. Romero, 2005-2007-2009; 4. “Bug”, William Friedkin, 2006; 5. “the Mist”, Frank Darabont, 2007; 6. “Drag Me to Hell”, Sam Raimi, 2009; 7. “the Ward”, John Carpenter, 2010; 8. “the Visit”, M. Night Shyamalan, 2016 [ “the Village” è -attenzione: spoiler- socio-politico, “Lady in the Water” è un fantasy, “the Happening” è SF (così come “CloverField” ed il suo side-quel/side-boot “10 CloverField Lane”, e il prequel-remake di “the Thing”); “the Bay” di Barry Levinson del 2012 rientra perfettamente nei canoni decodificanti l'horror, ma rimane solo un più che sufficiente buon film discreto, mentre “the Cabin in the Woods” di Drew Goddard dello stesso anno è un piacevole divertissement-dessert rinunciatario, anche se godibile, e invece “Bone TomaHawk” di S. Craig Zahler del 2015 pur essendo superiore ad entrambi i precedenti suddetti film non riesce a rientrare a pieno titolo nel ''decalogo'' ]. Senza scordare due piccole perle d'inizio millennio : “Series 7: the Contenders” di Daniel Minahan del 2001 e “My Little Eye” di Marc Evans (GBR) del 2002. “the Neon Demon” di NWR del 2016 non è un horror : tND ''non-è'' : è quasi un film insignificante, come, in parte e per altre ragioni, questo "It Follows".   


E quindi a che pro? Pronostici? Protesici? Prolettici? Provarci…

 

 

• Prologo - “It Follows”, ovvero: dell'alone.

“Ce l'hai!” [me l'ha detto mio cug(g)ino].

Non è certo un complimento quando in un pezzo su di un film compare la frase : “Dice già tutto il trailer”. In questo caso però è, semplicemente, e a prescindere da ogni giudizio qualitativo, vero.

 

(Cliccare sull'inquietante immangine per assistere all'inquietante trailer.)

Coming of Age.
Principio d'autunno a Detroit, sobborgo di Chernobyl, nel vicino retro-futuro (onirico) ricolmo di post-modernariato: mentre non li guardavamo i ragazzi(ni) di "the Myth of the American SleepOver" sono "cresciuti" [ tra un Canto d'Amore di Eliot - scolastico, nel senso di "proposto/imposto" in aula (''fuori luogo"?) dall'insegnante, e appropiatamente funereo - e un Idiota di Dostoievskij - autonomo, cioè letto di propria iniziativa, sponte e volontà a casa (o - per quanto riguarda la sua presenza nel film - a caso?) ]. 

 

- "It should be easier for her, she's a girl." 

- "Any guy would be with you."  

 

[La ''assenza'' degli adulti, accanto, di spalle.]

• “It Follows”, ossia: della sventolata (grandangolari a schiaffo rallentato).

--- Meriti : la ''assenza'' degli adulti. Le riprese lungo e dentro la suburba (suburra+suburbia) di Detroit (i dialoghi tra i ragazzi sull'8 Mile, nel pre-pre-finale, dove comincia la città e finisce la periferia : chiedere il permesso ai genitori per andare qualche isolato oltre il confine...). La a-temporalità spinta - tra convergenze e anacronismi, coincidenze e contrasti - fra anni '70/'80 del XX° secolo e anni '00/'10 del XXI° : la seconda importante ''assenza'' (in questo caso più acuta presenza) del film, quella dei telefoni cellulari, e la presenza di telefoni a disco/ghiera in bachelite; i film horror-SF da matinée anni '50-'60 in B/N trasmessi da televisori a schermo catodico; il comparto auto tra l'antiquariato e le nuove serie (e mountain bike con ruote in fibra di carbonio); il nostalgico/spettrale accatastamento a bordo vasca di rigaglie, cascami e lacerti elettronici reduci dai seventies/eighties; e il meraviglioso eBook reader bivalve (dalla CGI non perfetta: vi è un'interferenza sui bordi, tra guscio e schermo). Alcuni spaventosi spaventi spaventevoli. Alcuni movimenti di macchina che non si esauriscono nella retorica ma proseguono un poco il discorso.

 

 

- Scene spaventevoli: la prima sequenza, il suo...insistere/persistere nella perdita d'orientamento della provenienza del pericolo e delle coordinate del punto/via di fuga (è il prologo, ma potrebbe essere l'epilogo);  

 

 

la prima comparsa dello spilungone;

 

 

l'avvicinarsi del pericolo (figura umana in stile Yurei sulla spiaggia in riva al lago Erie (o al St. Claire: propenderei per il primo, dato che sulla linea d'orizzonte cielo e acqua si toccano), il suo essere fuori campo seppure in campo (nota a margine: una delle ultime e più rimarcabili apparizioni del meno profondo dei Grandi Laghi è stata in “Take Shelter” di Jeff Nichols).

 

 

- Movimenti di macchina a 90, 180, 360, 720 gradi lungo l'asse orizzontale che proseguono/terminano con più o meno prolungati zoom; uso funzionale al discorso della steady-cam; soggettiva fuori-campo/extra-diegetica: la sintassi e la grammatica sono (im)messe a creare atmosfera ma l'impalcatura del costrutto e del significante rimane una struttura fantasmatica tanto quanto l'origine del ''male'', la cui natura irrisolta, perentoria e inesorabile, però, è forse l'elemento - se non più a fuoco (non a segno) - di certo con la maggior carica significativa (o....ehm...sognificativa) del film (inesorabile triangolazione desaussuresca).

 


- I giovani ( e un po' meno giovani ) interpreti sono discreti e discretamente diretti, e per lo meno il nome di Maika Monroe va scritto per intero nero su bianco.
Le musiche di Richard Vreeland (DisasterPeace) sono belle, si muovono bene nella zona carpenteriana e funzionano, ma non riescono ad avere/possedere-dare/consegnare uno stile marcato e un'...anima come ad esempio fanno quelle dei Survive (K.Dixon-M.Stein) per “Stranger Things”.
Montaggio di Julio Perez, sodale del regista sin dai cortometraggi d'esordio, e fotografia di Mike Gioulakis (ispirata per la composizione e l'argomentazione del quadro alle opere dell'hopper-lynchano Gregory Crewdson), al lavoro per il prossimo film di Shyamalan, “Split”.

 


--- Dubbi : il primo ragazzo che si sacrifica per la protagonista, il quale, non avendo paura, subisce un attacco non estraneo ma familiare (come del resto l'untore aveva ben spiegato, rendendo edotti i ragazzi non si sa se per completa esperienza diretta o parziale esperienza riportata ); o, invece, il ripiego dell'attacco famigliare potrebbe essere semi-casuale e in parte dovuto al fatto che una delle ragazze al tavolino (se contagiata, come lascia intendere l'ellissi senza via d'uscita, ovvero prosieguo) è morta (in fretta), come i partecipanti al four-some (dall'acchiapparella si passa alla catena di sant'Antonio) del motoscafo sull'Erie.

 

 

--- Incongruenze e/o implausibilità [ininfluenti, data la natura dell'opera (non in quanto horror, ma in quanto semi/para-onirica), che rimane sufficiente non per colpa d'esse, ma propria] : la polizia un po' tonta che non perquisisce la tana dell'untore, o per lo meno -se lo (ha) fa(tto)- non trova la fotografia con lo sfondo rivelatore; i segni sul corpo del secondo ragazzo che si sacrifica per la protagonista, che vengono mostrati e pure discussi, ma che non entrano in gioco attivo nelle scelte e nelle decisioni da prendere ('so ragazzi...; e questo vale anche per il maldestro tentativo di ellettroesecuzionare...elettroesecuire...di folgorare il ''male'' nella piscina semi-semi-olimpionica); i ''cosi'' che camminano lenti come gli zombi di Romero ma nuotano veloci come quelli di Snyder; la ragazza dello shell-phone sulla linea di tiro invece è la norma.

 



• Epilogo - “It Follows”, ovverossia: una Terrificante Avventura girata in orteidnI-Scope.

 

 

“Ti Vedo!” : l'opera seconda nel lungometraggio di David Robert Mitchell è un film, a suo modo, sulla responsabilità (la sua gestione, il suo eclissarsi).
Sullo stesso tema [ tanto puramente morale (la responsabilità dello sguardo : il regista come mallevadore) quanto prettamente cinematografico (punto di vista-ripresa-osservazione, campo-controcampo-fuoricampo, diegesi/extra-diegesi ], “Violet” di Bas Devos ( e in parte “Paranoid Park” di Gus Van Sant ) è (sono) di tutt'altra pasta. Da questo PdV è più accomunabile a "TeenAge CaveMan" di Larry Clark. 

 

 

Più che buone le intenzioni, mediocre il risultato : 5½ - * * ¾ : arrivederci al 2017 con “Under the Silver Lake”, e...a (ri)vederci “the Myth of the American SleepOver”

“C’è bisogno di uomini con un senso morale e allo stesso tempo capaci di utilizzare il loro primordiale istinto di uccidere, senza sentimenti, senza passione, senza giudizio, senza giudizio, perché è il giudizio che ci indebolisce”, diceva quello.  

 



A conti fatti, “It Follows” è un Film-Herpes : se lo conosci magari non lo eviti, ma nemmeno te ne innamori [sarebbe interessante (?) un b-side con la versione dal punto di (s)vista dei genitori].     

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