Regia di Myroslav Slaboshpytskyi vedi scheda film
FESTIVAL DI CANNES 2014 – “SEMAINE DE LA CRITIQUE” - GRAND PRIX NESPRESSO
Lo sponsor della celebre rassegna “cannese” ha premiato probabilmente il film più shoccante dell'intera manifestazione di quest'anno. Un film interamente parlato con la lingua dei gesti, avendo per baricentro le gesta di una serie di ragazzi sordomuti all'interno di una scuola-riformatorio che li accoglie e dà loro modo di organizzarsi in loschi traffici con la connivenza o il tornaconto di alcuni dei loro professori: sordomuti pure essi. Sembrava impossibile riuscire a seguire un film che sceglie il linguaggio della sordità e tralascia anche il sottotitolo per aiutarci a comprendere: le gesta del film, i loschi traffici, i riti di iniziazione nella fitta gerarchia della scuola, sono piuttosto evidenti e chiari e tutto ciò che non viene afferrato al volo si chiarisce col tempo nel susseguirsi della storia.
Fino al suo agghiacciante epilogo giustizialista intriso di lucida e premeditata follia. Al centro della vicenda un ragazzo sedicenne, Sergey, che viene accolto nella scuola specializzata nel dare istruzione a persone sordomute, ma presto anche risucchiato in un vortice di traffici clandestini tra droga, prostituzione e ogni altra attività truffaldina si possa immaginare. Risucchiato dalle regole e dai dogmi della tribù. L'amore per una ragazza ungherese sfruttata ma consapevole e consenziente, solo tesa ad arricchirsi e a trasferirsi in Italia per trovare una nuova e più remunerativa carriera in chissà quale paradiso agognato, spingerà il ragazzo a tentare di scappare con lei: inutilmente, perché il branco coeso e solidale risulterà più forte e potente di lui.
Un film che dunque non necessita di parole per farsi comprendere.
Un notevole esordio per il regista ucraino Myroslav Slaboshpytskiy (provate a pronunciarlo voi, se ne siete capaci, io a stento riesco a scriverlo), che mostra la violenza di un mondo che corrompe l'adolescenza per servirsene ed arricchirsi, sfruttando le debolezze e le problematiche degli stessi ragazzi: persone coscienti e determinate, che non si piangono addosso e sembrano, grazie anche alla lingua dei gesti che li rende talvolta veloci marionette espressioniste, quasi macchine o automi, anche quando fanno sesso, visto che per loro, per quasi tutti loro, tranne che per Sergey, l'amore è solo uno strumento per arricchirsi.
Sangue e sesso (la scena dell'aborto clandestino e casalingo, pur senza entrare nei minimi dettagli dell'azione, è davvero disturbante e forte, devastante con quella corda che cinge la ragazza per tenerle divarivate le gambe in attesa che i ferri lavorino dentro di lei per rimuovere l'errore di una leggerezza di una sera di quasi amore e non di lavoro) mostrati senza ritrosia, ma anzi ostentati e quasi fatti esplodere sullo schermo, buttati al vento con la forza ed il vigore di una giovinezza che viene esaltata sui corpi scultorei dei giovani adolescenti per nulla timidi o inesperti, o resa esplicita nel massacro finale che sembra un episodio di lucida razionale follia di un nuovo Haneke dell'est.
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