Regia di Damián Szifron vedi scheda film
Più che storie pazzesche, storie di ordinaria, banale, pazzia. Di quella che aggredisce, impossessandosene, gli individui più disparati, disperati a seguito delle piccole grandi sciagure che possono raggiungere chiunque nel quotidiano. Filo comune - grezzo grossolano e coloratissimo per l'evidente confezionatura, patinata e chic - che avvolge gli episodi che compongono questo prodotto dal brand certificato e garantito ("Almodovar presenta", troneggia sul titolo).
Struttura inevitabilmente frammentaria e slegata, innalzata su basi esili, tutt'altro che eccezionali, con accorgimenti e materiali di risulta, perlopiù dall'onnivoro sistema televisivo, grande specialista in casi umani e fattacci di cronaca.
Un film che (soprav)vive sull'aneddotica - nemmeno tanto originale, anzi -, unica forza che tiene assieme in maniera casuale frammenti dalla composizione tra loro differente, brevi soggetti al massimo adattabili come i soliti cortometraggi, di quelli che normalmente accompagnano nell'indifferenza generale (ché gli effetti si esauriscono nell'istante stesso in cui partono i titoli di coda) le portate maggiori.
L'intento, cristallino, è di stupire, finanche "scioccare", con storielle nominalmente fuori di testa, aggrappate in realtà - ed in modo furbesco - a misere assurde faccende comuni, scatentate dal più classico (nonché facilissimo) spirito di rivalsa, la vendetta (se poi l'obiettivo è lo spregevole usuraio o il ladrocinio istituzionale, scatta pure automatica un'empatia da tifosi allo stadio).
Paiono pertanto esclusivamente funzionali alla mission - ma anche non particolarmente brillanti - i toni grotteschi, le venature di crudeltà, le (calcolate) dinamiche che sollecitano il sorriso amaro o il sollazzo compiaciuto. Certo l'ispirazione non anima i singoli casi e il film nel suo complesso, quanto piuttosto il gusto per la trovata, l'artificio paradossale, la chiusa simbolica che tira in maniera banale, semplice e semplicistica, le somme (l'immagine dei due corpi uniti "abbracciati" bruciati da una gara d'idiozia, o l'inquadratura insistita sui due sposini della torta a conclusione di una festa dell'eccesso).
Il divertente prologo, d'altronde, illude; come se il regista e sceneggiatore Damián Szifrón avesse voluto subito sparare la sua arma migliore e poi sperare nell'effetto trascinamento. Così non è: nel prosieguo si vola basso, su spunti non granché felici e mai memorabili. Lo stesso promettente ultimo episodio - un matrimonio (immancabile) dalle premesse esplosive - si ammoscia in una realizzazione piatta, cattiva solo in superficie. Superficiali come lo sono queste storie poco pazzesche.
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