Regia di Damián Szifron vedi scheda film
Damián Szifrón, argentino, è stato autore di una serie esportabile, Los simuladores, quindi di una miniserie tv (Hermanos y detectives) e di due film (El fondo del mar, Tiempo de valientes). Prodotti che miscelano i colori del nero, dal cronachistico al sardonico: giustizie al di fuor di Giustizia, indagini su paranoie, buddy movie seriali, incontri tra Arma letale e bigini hitchcockiani. I sei episodi di Storie pazzesche, presentato in Concorso a Cannes 2014 sotto l’egida di Almodóvar, confermano, guardando a Storie incredibili di Spielberg e alla nera commedia italiana degli anni 70, interessati al momento in cui l’uomo meschino si manifesta come selvaggio fuori controllo, noncurante della legge. Storie di vendetta, genere prolifico nel nuovo millennio, che esacerbano sentimenti quotidiani di rivalsa, individuale e sociale, sentimentale e di classe. Dal primo episodio (l’unico folgorante), tra Saw e Gli amanti passeggeri, fino alla catastrofe matrimoniale della chiusura, passando per gastronomie, Duel proletari/scatologici, giorni d’ordinaria follia e variazioni parossistiche di Il caso Kerenes si raccontano mutui massacri, con catarsi paradossali, e nessun vincitore. Ma è uno stallo grottesco edulcorato in confezione cool e pulita, con forma da sketch televisivo. Non irrita, non sceglie la dialettica del disagio, del fastidio, dell’imbarazzo: si limita a raccontare con distacco barzellette da antropologo superficiale, come un cultore snob di “Cronaca vera”.
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