Regia di Marvin Kren vedi scheda film
Il fenomeno degli "zombies" e' una piaga cinematograficamente irresistibile che dilaga ad infettare, con effetti almeno apparentemente irreversibili, il pianeta in ogni sua versione o riproposizione finora apparsa sugli schermi. Ma di vero e proprio "contagio" si puo' parlare anche in termini di progettazione, produzione e gestazione di pellicole incentrate sul tema: un vero e proprio business infinito, un "genere nel genere" (quello dell'horror, ovviamente, che tuttavia a volte sfocia o "contamina", appunto, altri generi o stili), forte di chissa' quante versioni, varianti o riproposizioni che coinvolgono gia' a partire dalle produzioni piu' povere e bislacche, fino ad arrivare da poco tempo anche alla più ricca ed ufficiale serie A: quella dei Brad Pitt insomma, coinvolto di recente in proposito col suo abbastanza accettabile "World War Z", forte di scene di massa davvero notevoli con zombies alleati a scavalcare ostacoli altrimenti insormontabili, come insetti di un immenso micidiale formicaio.
Il regista austriaco Marvin Kren, di cui vidi ed apprezzai al TFF 2013 il secondo lungometraggio "The station", sorta di "La cosa" casereccio e scult ma di un certo innegabile fascino ed ironia, ambientato tra i ghiacciai improvvisamente imporporiti delle Alpi (ma l'amico caro Roger Tornhill a cui lo consigliai calorosamente in quella occasione, non fu esattamente del mio parere...), esordisce nel mondo del lungometraggio proprio con questo dignitosissimo e teso Rammbock, lotta agli zombi dall'interno di un cortile di un caseggiato di Berlino ove lo sfigato Michael e' appena giunto da Vienna per restituire le chiavi di casa alla sua ex fidanzata, che tuttavia spera ancora, nel fondo del suo cuore di buono e mite ometto ottimista, di poter riconquistare. Ma il tempo per pensare a queste smancerie e' molto limitato perche' l'epidemia anche stavolta travolge tutto e tutti e il povero malcapitato ha giusto il tempo di barricarsi in casa della sua ex, invece assente, assieme ad una ragazzo sveglio ed intraprendente, garzone dell'idraulico accorso per aggustare un termosifone nella casa della donna.
Pur non presentando nulla di nuovo, ed anzi prevedendo similitudini sconcertanti ad esempio con il primo episodio della saga horror del duo iberico Plaza/Balaguero' (sto pensando e REC ovviamente), Rammbock e' in grado di tenere desta l'attenzione e di non annoiare mai, fino ad arrivare ad un finale teso e per certi versi pure romantico che vedra' formarsi (e riformarsi) due coppie affiatate, l'una tesa verso l'unica via di fuga apparentemente possibile, l'altra verso la sperimentazione di un nuovo e piu' aggressivo ed umorale/istintivo modo di concepire l'esistenza. Una "finestra sul cortile" blasfema ma tutt'altro che vergognosa, adeguatamente aggiornata a raccontare con passione una lotta di quartiere tra inquilini isolati nei propri appartamenti e il resto del mondo, affamato ed inferocito, che avanza a soffocarli col magma della follia e della fame e sete di sangue; un nuovo episodio di quella che e' ormai una saga, una moda, un filone che diverra' un genere tutto suo, ma che questa volta predilige e si sofferma con una certa ostentazione sulla caratterialita' di personaggi, tutt'altro che stereotipati, coinvolti loro malgrado ad affrontare ad armi impari e numericamente svantaggiati una delle piu' temute, appassionate e prolifiche storie di contaminazione viste sugli schermi.
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