Regia di Brunello Rondi vedi scheda film
Brunello Rondi è noto essenzialmente per due ragioni: per essere il fratello del critico Gian Luigi e per aver collaborato alla stesura di numerosi copioni, fra i quali spiccano senz'altro quelli de La dolce vita e di 8 e 1/2 (ma il suo ruolo in fase di scrittura, a detta di tutti coloro che lavorarono a queste due sceneggiature, era decisamente limitato). Questo basterebbe già a spiegare il motivo per cui il Brunello Rondi-regista è sempre passato inosservato, ma in realtà oltre all'accoppiata di fattori appena enunciati va aggiunto che il Nostro, dietro la macchina da presa, ha dimostrato in ogni occasione dei forti limiti. Questo Più tardi Claire, più tardi... è solo uno dei tanti prodottini simil-impegnati che Rondi ha girato fra i Sessanta e i Settanta, cercando di raccontare le debolezze e gli intrighi della borghesia, le perversioni celate dietro l'apparenza piatta, conformista della nostra società, i notevoli cambiamenti del ruolo della donna e via dicendo. Bene o male la cifra dei contenuti del suo cinema è questa e anche in questa occasione navighiamo in tali acque; il problema è però che l'imbarcazione costruita da Rondi lascia entrare acqua da tutte le parti. Uno dei difetti principali delle sue sceneggiature (qui firma insieme a Vittoriano Petrilli e Giuseppe Mangione) sta nei dialoghi verbosi e preminenti rispetto all'azione; Più tardi Claire, più tardi... è pesantemente vittima di tale impostazione di scrittura. Allo stesso modo Rondi compone la scena con più attenzione di quanta segua gli interpreti; qui, è vero, nessuno fa grossi danni, ma non ci sono neppure nomi capaci di attirare il grosso pubblico: i maggiori sono quelli - per nulla disprezzabili, si capisce - di Rossella Falk, Adriana Asti, Georges Riviere; in una parte marginale c'è anche Demofilo Fidani, l'incredibile regista di serie Z. Musiche affidate a Giovanni Fusco, per un commento sonoro volutamente sommesso; bianco e nero di Carlo Bellero; ma la cosa più 'noiosa' in assoluto rimane la storia, che ricalca per l'ennesima volta il topos della sosia di una donna morta che si inserisce nella vita del vedovo, stravolgendola. E l'andamento soporifero della narrazione ha un sussulto solamente nell'ultimo quarto d'ora, a peggiorare ulteriormente la situazione. 3,5/10.
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