Regia di Sergio Rossi vedi scheda film
Un ragazzo lascia un paesino di campagna del sud, depresso e senza prospettive, per andare in città ad arruolarsi in polizia. Ciò che si attende è uno stipendio fisso, un mestiere rispettabile, una vita più decorosa; ciò che accadrà, invece, sarà molto diverso.
Sergio Rossi è stato un doppiatore piuttosto attivo nel nostro cinema fra gli anni Sessanta e i Novanta; il regista e sceneggiatore (con la collaborazione di Giorgio Patrono e Giuseppe Scavuzzo) di questo Policeman, però, sembra proprio essere solamente un omonimo. Un altro Sergio Rossi al debutto dietro la macchina da presa, di cui si sa poco o nulla e che realizzerà altre due pellicole nei successivi vent’anni, per poi scomparire dai radar. Poco più che una meteora, insomma, ma che ha saputo comunque lasciare qualche segno del suo passaggio; Policeman per esempio non è un film scontato e mostra argomenti a suo modo interessanti – sostanzialmente: la critica all’utilizzo repressivo delle forze dell’ordine, nel nome della conservazione di un ancient regime capitalista-borghese in grado di sopravvivere solamente schiacciando le fasce sociali sottostanti. Ma al di là della rapidità con cui tali argomenti sono invecchiati – l’odore di Sessantotto è fortissimo, senz’altro – va riscontrata una certa limitatezza di vedute, un’impostazione ideologica fin troppo schierata (a sinistra, ça van sans dire) in questo lavoro in cui la trama è al servizio delle idee da veicolare (benissimo, pratica anzi onorevole), ma quelle idee sono un bel po’ stereotipate e perfino intransigenti. Marino Masé, Paola Pitagora, Lou Castel, Nicoletta Machiavelli, Giancarlo Sbragia e Massimo Sarchielli sono gli interpreti principali; il ritmo zoppica un po’, ma quantomeno si può apprezzare il climax finale. L’opera seconda di Rossi arriverà solamente diciotto anni dopo: Luisa, Carla, Lorenza e… le affettuose lontananze (1989). 3,5/10.
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