Regia di Giulio Questi vedi scheda film
Episodio iniziale della serie televisiva "I giochi del diavolo", trasmesso per la prima volta nel maggio del 1981 sulla RAI. Trae fedelmente ispirazione da un racconto (Der Sandmann, 1815) scritto da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann.
Nathaniel (Donato Placido), dopo quindici anni torna, assieme alla fidanzata Clara (Francesca Muzio) e al di lei fratello Lotario, nella casa d'infanzia. Rivive i ricordi di quando, ancora bambino, la governante gli raccontava la storia dell'uomo della sabbia, "un signore che strappa gli occhi ai bambini che non vogliono dormire". È convinto che la morte del padre (un alchimista), passata per incidente, sia stata provocata dal socio Coppelius: a quattro anni, infatti, ne sarebbe stato testimone. Idealista, attratto dall'insolito e dal mistero, Nathaniel scrive poesie macabre e decadenti. In particolare ne dedica una a Clara, talmente triste da farla piangere. Il conseguente alterco con Lotario degenera in duello a colpi di spada. Poi Nathaniel riparte per riprendere gli studi. Ossessionato dalla presenza di Coppola (Mario Feliciani), uno strano individuo che vuole vendergli prima un barometro, quindi un paio d'occhiali, infine un binocolo, che decide di acquisitare, Nathaniel inizia a spiare dalla finestra la vicina di casa, Olimpia, graziosa figlia del professor Spallanzani (Ferruccio De Ceresa). Avrà occasione d'incontrarla quando invitato a una festa tenuta dal docente, durante la quale Olimpia si esibisce al pianoforte suonando un brano da Il flauto magico di Mozart, "Regina della notte". Poco stimata, derisa, persino odiata dal pubblico per via del suo atteggiamento meccanico, distaccato, gelidamente disumano, Olimpia attira su di sé le attenzioni di Nathaniel che inizia a corteggiarla apertamente, senza immaginarne la reale natura di automa: quella ragazza che è stata capace di rapirgli il cuore non è umana, bensì frutto di anni di studio e ricerche sull'automatismo effettuate dal professor Spallanzani e da Coppola.
"Esistono delle potenze oscure che agiscono su di noi dall'esterno, che interferiscono in ogni nostro atto, anche in quello creativo. (...) Sia nell'arte che nella scienza è la stessa cosa. In qualsiasi campo, è pazzesco credere di poter creare secondo il proprio autonomo arbitrio. L'entusiasmo, nel quale solamente si può trovare la forza di creare, non proviene dall'intimo di noi stessi ma è l'influsso di qualche superiore princìpio, fuori di noi."
(Nathaniel)
L'uomo della sabbia: Olimpia, l'imperscrutabile "corpo" femminile immobile alla finestra, esattamente come quello di Lydia in The Witch in the Window (Andy Mitton, 2018)
Il primo episodio della serie RAI "I giochi del diavolo - Storie fantastiche dell'Ottocento", vede alla regia Giulio Questi (1924 - 2014), supportato in sceneggiatura da Mauro Marchesini. La storia originale, molto complessa e di difficile adattamento per lo schermo, è basata fedelmente sul racconto breve Der Sandmann (1815) [1], scritto da Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776 - 1822). Molto ben diretto da Questi - che in questa occasione ha modo di girare, cosa rara per gli "sceneggiati televisivi", parecchi esterni nel borgo medievale di Viterbo, con raggelante finale sulla cima del Castello Odescalchi di Bracciano (Roma) - L'uomo della sabbia si divide in due distinti tempi: un primo di preparazione e attesa con approfondimenti sulle paranoie (che si scoprirà poi non essere tali) del protagonista, in contrapposizione con una seconda parte più emotiva, nella quale fiorisce un'altra e ben differente storia d'amore che, in maniera sorprendente considerando l'epoca in cui il racconto è stato scritto, vede entrare in scena un automa avanti lettera. Inutile aggiungere che si tratta di un lungometraggio che affronta il tema del mistero e della follia evitando ogni minima concessione allo spettacolo, inteso come artificio di trucchi ed effetti scenici, dilatando i tempi della narrazione, comunque sempre ben scanditi, con alternanza di esplosivi dialoghi (volutamente criptici) a lunghi silenzi. Ottima la performance di Donato Placido, fratello del più celebre Michele (qui, se non doppiato, con lo stesso timbro vocale), presente anche nel controverso Caligola (1979) di Tinto Brass e in una lunga serie di opere destinate sia al piccolo schermo (Don Matteo, 2004 e L'ispettore Coliandro, 2009) che alle sale cinematografiche (val la pena citare Romanzo criminale, 2005 e Il sangue dei vinti, 2008). La colonna sonora fa ricorso a brani entrati nella storia della musica classica. Ad esempio l'esibizione di Olimpia mentre canta, suonando al pianoforte, offre in ascolto Regina della notte, aria da "Il flauto magico" di Mozart in seguito destinata ad essere rielaborata per la sigla del format TV Misteri, condotto nel 1994/1995 su RAI 2 da Lorenza Foschini.
L'uomo della sabbia: Francesca Muzio e Donato Placido
Citazioni
"Ho fatto un sogno in cui ero un foglio di carta che subìva le sevizie di una calligrafia stentata: una notte intera a sopportare una penna crudele."
(Nathaniel)
"Le menti mediocri tacciono sempre di eccentricità gli spiriti che a loro paiono troppo superiori."
(Olimpia)
"Esistono princìpi malvagi ed ostili, vere e proprie potenze diaboliche, che possono aggredirti dall'esterno - magari con la complicità di persone care ed insospettabili - e distruggerti l'esistenza."
(Nathaniel)
"Il poeta afferra la vita come uno sfocato riflesso di uno specchio opaco."
(Nathaniel)
I giochi del diavolo: al centro della serie televisiva
È composta da sei episodi, di cui tre girati con mezzi cinematografici e tre televisivi, con prima messa in onda - a cadenza settimanale - annunciata a partire dal 13 maggio 1981. La Venere d'Ille, realizzato quasi due anni prima da Mario e Lamberto Bava, avrebbe dovuto avviare il ciclo ma la programmazione subisce lo spostamento di una settimana per via dell'attenzione mediatica riservata a un fatto di cronaca epocale (l'attentato a Papa Giovanni Paolo II): il 20 maggio, per primo, viene trasmesso L'uomo della sabbia. Consulente letterario del progetto nientemeno che Italo Calvino, come annunciato in un dettagliato articolo apparso a suo tempo su La Stampa che, a seguire, riportiamo per intero.
"Il diavolo sul video con i brividi di Hoffmann e Wells - Sei classici dell'orrore.
La televisione è noiosa, la televisione ci fa dormire. Quante volte lo abbiamo sentito dire? Chiedo a Roberta Carlotta, che ha curato per la Rete 2 il ciclo TV «I giochi del diavolo» in onda dal 13 maggio: «Avete deciso di svegliarci?»; e poi «L'idea ve l'ha fornita il papa, con il famoso discorso sul diavolo?». La risposta è, per ora, l'elenco dei racconti scelti per i sei programmi, realizzati tre con mezzi cinematografici e tre con le telecamere. Spicca tra i registi il nome dello scomparso Mario Bava, il mago italiano del cinema dell'orrore, autore di numerose pellicole (un titolo: «La frusta e il corpo» con il draculesco Christopher Lee) e creatore abilissimo di trucchi, molto amato dai critici francesi e dai frequentatori delle estive kermesses di film alla Basilica di Massenzio, a Roma. I racconti, come dice Italo Calvino, che è stato il consulente letterario del ciclo, «sono rappresentativi di una evoluzione storica nel corso di un secolo: dalle prime esplorazioni romantiche del 'continente notturno' ai primi segni di una crisi della soggettività, una crisi che è già del Novecento». E aggiunge, correggendo la possibile impressione suscitata dal titolo «I giochi del diavolo» e dalla presenza di uno specialista come Bava, che fanno pensare a una galleria di paura e di terrori: «Siamo di fronte ad esempi di racconto fantastico, in passato relegato tra i generi della narrativa 'minore', oggi considerato dalla coscienza critica come una delle produzioni più significative della letteratura ottocentesca». Quali sono i sei racconti? «L'uomo della sabbia» di Hoffmann (1816), regista Giulio Questi, narra di un giovane che si sente perseguitato da un misterioso personaggio. «La mano incantata» di Gérard de Nerval (1832), regista Marcello Aliprandi, presenta una vicenda seicentesca in cui un duellante si fa dotare da un mago di una mano prodigiosa che gli fa sì battere l'avversario ma gli causerà in seguito una serie di guai. «La Venere d'Ille» di Prosper Mèrimèe (1837) è la storia, dicono i registi Bava e il figlio Lamberto, di una tragica beffa che tocca ad un giovane sposo invaghitosi di una statua simile alla moglie. «Sir Edmund Orme» di Henry James (1891), racconto ribattezzato dalla televisione con il titolo «La presenza perfetta», regista Piero Nelli, è ambientato nella campagna lucchese ed espone le vicissitudini di uno scrittore che si sente sorvegliato da un fantasma nel fare la corte alla figlia di una vedova. «Il diavolo nella bottiglia» di R. L. Stevenson (1893), regista Tommaso Sherman, è una specie di staffetta: tanti personaggi si passano la bottiglia con dentro il simbolo del male e ogni volta muta il comportamento di chi la possiede. Il caso del fu Mr. Elvesh. di H. G. Wells (1897), ribattezzato «Il sogno dell'altro», regista Giovanna Gagliardo, introduce uno studente povero e di buona volontà che s'imbatte nel Destino, il quale gli promette di farlo ricco se accetta di prendere il suo nome. Ogni racconto è stato selezionato non tanto in rapporto agli orientamenti dei registi quanto secondo il disegno di un piccolo mosaico teso a dimostrare, come ricorda ancora Calvino, «la modernità del fantastico. Alla nostra sensibilità l'elemento soprannaturale al centro di queste storie appare sempre come carico di senso, con l'insorgere dell'inconscio, del represso, del dimenticato, dell'allontanato dalla nostra attenzione razionale. Se siamo meno disposti a lasciarci sorprendere dalla meraviglia per la spettacolarità d'apparizioni e fantasmagorie — che possiamo gustare come elementi del colore dell'epoca — siamo pronti invece a cogliere nel fantastico un discorso che ci riguarda direttamente». Non è un caso che «L'uomo della sabbia» sia servito a Freud per uno dei suoi saggi più famosi, che prende spunto dagli incubi del protagonista di fronte ad una minaccia in cui si rintracciano gli strascichi di un trauma causato dalla morte del padre. «La mano incantata» diventa, invece, significativo come allegoria della violenza repressa, dell'aggressività che ognuno di noi accumula in sé, e che qui s'identifica con la mano che colpisce a suo talento, sfuggendo alla volontà di chi l'ha ricevuta per acquistare con la magia una forza necessaria a vincere un duello. «La Venere d'Ille» ci riporta alle sopravvivenze del passato, delle antiche religioni mai morte. Sembra appropriato un commento di Mario Praz, uno dei pochi cultori e studiosi del fantastico in Italia: «Siamo desti, ed ecco, si producono strane coincidenze che ci pare d'essere in sogno: ma in un sogno che contiene un misterioso presagio. Crediamo di trovarci una seconda volta nella situazione di un tempo che nessuno sforzo della memoria riesce a precisare ». In «La presenza perfetta», il fantasma che tampina lo scrittore può essere letto come un fantasma discreto desideroso di richiamare le regole della buona società. «Il diavolo nella bottiglia» insegna la morale dei limiti umani, dello smarrimento e dell'incertezza dell'uomo. «Il sogno dell'altro» si svolge intorno al tema dell'identità. Niente orrore, terrore o simili, dunque. «Da molti anni in qua, soprattutto grazie all'affacciarsi delle nuove generazioni, vi è stata la scoperta di tutto ciò che era lontano dalla cronaca e dal realismo. Noi abbiamo voluto misurarci con l'ironia, la paura, l'inconscio e non fare del sensazionalismo o ricorrere ad effettacci», spiega Roberta Carlotta. Come non notare l'assenza di un autore come Edgar Allan Poe? «Ci è sembrato che, avendo la televisione e il cinema, in varie occasioni, tratto serie di programmi e film dai suoi racconti, fosse possibile e forse anche giustificato andare a cercare altri mondi fantastici, altre culture, quindi altri autori», risponde la programmista. Titoli e intenzioni del ciclo «I giochi del diavolo» sono, in definitiva, orientati a proporre un sondaggio verso direzioni abbastanza insolite per il piccolo schermo, regno dei fatti e dei telefilm intessuti di realtà romanzata. Vengono utili altre parole di Praz sui misteri che ci affascinano: «Leggiamo una parola: la parola echeggia nella stanza; non è nulla, uno scherzo del caso, si sorride, si riprende la lettura. Non è nulla? E se quella parola fosse come la suoneria nascosta di un segnale d'allarme? Al suono di quella parola alcuni di noi si sentono ad un tratto ignudi, come quando, sul più bello di un sogno, ci si rende conto d'essere in camicia in mezzo alla gente». Ecco, un'immagine efficace. Noi tutti, davanti al televisore, messi in camicia da storie stravaganti e fantastiche che forse viviamo in sogno e che forse dimentichiamo, censurandole. Ecco, queste cancellazioni sono i più ordinari, i più ripetuti, i più veri giochi del diavolo."
(Italo Moscati) [2]
L'uomo della sabbia: Donato Placido (Nathaniel) corteggia Olimpia
Anticipazione de L'uomo della sabbia pubblicata su "La Stampa" [3]
"Hoffmann ci fa scoprire com'è orribile l'inconscio.
Il ciclo «I giochi del diavolo», che ha per sottotitolo «Storie fantastiche dell'Ottocento», doveva cominciare mercoledì scorso con un bel telefilm di Mario e Lamberto Bava La Venere d'Ille da Mérimée. Invece il programma di una settimana fa è stato quasi per intero soppresso e sostituito con servizi sull'attentato al Papa. Per cui il debutto di questa singolare rassegna avviene stasera con L'uomo della sabbia, mentre La Venere d'Ille è prevista per mercoledì prossimo. Perché singolare? I motivi sono diversi. Il genere fantastico e del terrore non è mai stato molto visitato dalla Rai. Stavolta la Rai lo porta sul teleschermo dopo aver affidato la scelta dei soggetti ad un alto competente come Italo Calvino il quale ha suggerito racconti tutti esemplari, di autori di gran nome, Mérimée e Hoffmann, Henry James e H. G. Wells, Nerval e Stevenson. Basandosi su testi di così forte fascino, la rete 2 ha voluto realizzare una serie di telefilm della durata di un'ora, tipo di produzione in cui abbiamo un bisogno estremo di farci le ossa per controbattere la concorrenza straniera, specie americana, e ridurre le massicce importazioni. Telefilm significa anche collaborazione a vari livelli con gli uomini del cinema e con le strutture cinematografiche: ciò è avvenuto, e difatti il telefilm di stasera porta la firma di Giulio Questi, cineasta, autore di estrosi film come La morte ha fatto l'uovo e Arcana, al suo esordio in tv. L'uomo della sabbia, che Questi ha girato in esterni, è un racconto eccezionale, ed è considerato uno dei capolavori, se non il capolavoro, di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, scrittore tedesco del primo Ottocento, vero narratore fantastico in cui la magia, il sogno, la fiaba, l'incubo, l'orrore e l'assurdità buffonesca entrano con naturalezza nella grigia dimensione della realtà quotidiana. L'uomo della sabbia è del 1816 e, come dice Italo Calvino, «segna ufficialmente l'apparizione dell'inconscio in letteratura: e non è un caso che esso sia servito a Freud per uno dei suoi saggi più famosi». È la storia dapprima semplice e serena, che diventa via via rapidamente angosciosa e allucinante, del giovane Nathaniel, convinto che un misterioso personaggio, Coppelius, gli abbia ucciso il padre e lo perseguiti crudelmente. Per lui Coppelius è l'orco che nelle favole paurose della madre arrivava dal regno orrendo della notte a strappare gli occhi ai bambini ancora svegli. Tormentato, il giovane fugge dalla campagna in città dove si innamora di una meravigliosa fanciulla che però, ad un tratto, non sembra essere fatta come tutti gli altri esseri viventi, non sembra di carne; forse dietro di lei c'è ancora e sempre Coppelius.... La novella destò gli entusiasmi di Balzac, di Baudelaire, e più tardi di Freud per la potenza di analisi, trasfigurata in arte, di una schizofrenia frugata nei meandri più oscuri della psiche e della memoria. Il regista Questi ha visto nel racconto una parabola sulla dissociazione giovanile della ragione dalla realtà e sul vuoto che si crea e che può essere invaso dalla nevrosi e dalla resa a ossessioni aberranti: un dramma che tuttavia — secondo il regista — Hoffmann contempla con ironia lucida e amarissima."
(Ugo Ruzzolati)
NOTE
[1] Da Wikipedia: "La storia di Der Sandmann riesce a far insorgere nel lettore il sentimento del sinistro, ed è infatti portata ad esempio nel saggio 'Il perturbante' di Sigmund Freud. Il racconto, oltre al film di Questi è stato anche adattato a livello teatrale (all'ERT - Emilia Romagna Teatro) ed ha influenzato il 1° atto dell'opera I racconti di Hoffmann di Jacques Offenbach nonché il balletto Coppélia di Arthur Saint-Léon."
[2] "Il diavolo sul video con i brividi di Hoffmann e Wells", su La Stampa del 9 maggio 1981.
[3] "Hoffmann ci fa scoprire com'è orribile l'inconscio", su La Stampa del 20 maggio 1981.
L'uomo della sabbia: Donato Placido e Ferruccio De Ceresa
Edizione antologica italiana, contenente il racconto "Der Sandmann" di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann
Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (1776 - 1822)
"Altissimo Amore,
se può essere che io muoia
senza aver saputo donde vi possedevo,
in quale sole era la vostra dimora,
in quale passato il tempo vostro,
in quale ora io vi amavo...
Altissimo Amore che superate la memoria,
fuoco senza focolare di cui ho fatto tutta la mia luce,
in quale destino tracciavate la mia storia,
in quale sonno si vedeva la vostra gloria,
o mia dimora...
Quando sarò per me stessa perduta
e dispersa nell'abisso infinito,
infinitamente, quando sarò infranta,
quando il presente di cui sono rivestita avrà tradito,
per l'universo in mille corpi frantumata,
di mille istanti ancora non riuniti,
di cenere setacciata nei cieli fino al nulla,
rifarete per una strana annata
un solo tesoro.
Rifarete il mio nome e la mia immagine
di mille corpi portati dalla luce,
viva unità senza nome e senza volto,
cuore dello spirito,
oh centro del miraggio,
Altissimo Amore."
(Catherine Pozzi)
Misteri (1994): sigla iniziale con adattamento del brano Regina della notte di Mozart
F.P. 29/07/2023 - Versione visionata in lingua italiana su RAI Play (durata: 75'26")
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