Regia di Giulio Questi vedi scheda film
Un racconto di E.T.A. Hoffmann in versione italiana. Tentativo arduo ma riuscito.
È un film per la TV di quelli che non si fanno più, lontano anni luce dalle odierne, frivole produzioni. È letterario sì, ma con un rigore della messa in scena e con una cura dei dettagli, spesso solo suggeriti, che non abbiamo del mero teatro filmato, o una piatta riduzione televisiva, ma del vero cinema.
Lessi tanti anni fa il racconto di E.T.A. Hoffmann da cui è tratta la pellicola, e mi pare che Giulio Questi rispetti il carattere enigmatico ed allusivo della vicenda, e non fa male ad inserire certe atmosfere sospese e misteriose, astenendosi dallo spiegare tutto.
È possibile leggere la vicenda come un'allegoria del fatto che a volte ci si può innamorare della persona sbagliata, perché ci siamo creati un'immagine irreale della stessa. Qui il malefico e quasi metafisico Copelius sembra spingere lo studente protagonista ad entrare nel meccanismo dell'autoinganno, e della passione disperata. L'ambiguo e viscido personaggio, ben interpretato dall'attore, sembra essere il protagonista di tutti gli eventi negativi della vita del giovane. Il cannocchiale maledetto che gli regala è quasi lo strumento per ingannare la sua vita e la sua percezione della realtà.
Mi sento di dire qualche parola sulla lingua italiana usata nel film. I dialoghi sono scritti in un italiano un po' antiquato, e sono caratterizzati da ricercatezza formale e ricchezza di espressioni e vocabolario, tanto da renderli un po' impegnativi, ma anche interessanti da ascoltare. Possiamo proprio sentire quanto ricca sia la nostra lingua, e come si possa esprimersi in modo gustoso e variegato. Questi dialoghi ci ricordano, inoltre, di come le moderne produzioni pecchino spesso di semplicismo e di volontario impoverimento linguistico, con la scusa di essere ben comprensibili a tutti. Mi pare, però, che nessuno si lamentasse, all'epoca, della ricchezza di questi dialoghi. E basta guardare molte altre produzioni del passato per osservare, in qualche misura, lo stesso fenomeno.
La recitazione, infine, ha una patina teatrale, che però non disturba e denota l'impegno di tutti gli attori. I movimenti di macchina sono sobri e rigorosi, elemento che non sempre si trova nelle produzioni televisive nemmeno dell'epoca, dove alle volte basta inquadrare gli attori nel modo più semplice.
È cinema scarno, essenziale, impegnativo, enigmatico, ma appagante.
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