Regia di Luigi Batzella vedi scheda film
Produzione Dick Randall, garanzia di bassa, anzi di infima qualità!
Dick Randall è uno di quei nomi che da sempre hanno costituito garanzia e sinonimo di bassa per non dire infima qualità.
Curioso e anomalo personaggio del sottobosco cinematografico nostrano pensò bene di trasferirsi dalle lontane Americhe nel Belpaese agli inizi degli anni sessanta, in pieno boom del nostro cinema di genere. Dopo aver calcato, senza riscuotere alcun successo, le seconde schiere produttive di Hollywood e di Broadway, ebbe a frequentare nel nostro Paese tutti i filoni di volta in volta più in voga del nostro cinema minore, dimostrando una particolare predilezione per l'exploitation e distinguendosi come vero e proprio specialista nel reperire fondi anche per i progetti più estremi e le cooproduzioni più strampalate.
Senza lasciare particolari rimpianti e complice anche la crisi del cinema, ci abbandonò verso la fine degli anni settanta per rivolgere lo sguardo all'Estremo Oriente. Qui tentò di rilanciare un genere, come quello dei "gong fu movies", fino a quel momento quasi sempre di marca squisitamente autoctona, apportando quella ventata di internazionalità finalizzata a una maggiore vendibilità del prodotto sui mercati esteri.
Il film in esame, dalla trama tanto risaputa quanto delirante, vede il solito mad-doctor che vorrebbe distruggere l'intera umanità rendendola totalmente sterile (sic!). Per evitare che la relativa formula finisca nelle mani sbagliate, la Cia si affida al suo agente di punta Richard Cannon (un Richard Harrison ormai sempre più a corto di occasioni migliori), che la storia domicilia in Spagna (credo per ragioni cooproduttive) e all'esperto di arti marziali Huang Lung. Ne riveste i panni Huang Jian Long, originario di Macao e celatosi dietro lo pseudonimo decisamente trash di Bruce Le (con una e sola!). Attore formatosi alla scuola degli Shaw Brothers, più che apparire come il solito clone del grande archètipo Bruce Lee, tenta di imporsi piuttosto come una maldestra scimmiottatura dell'allor emergente Jackie Chan, alternando penose battute deliziosamente orientali e che rigorosamente non fanno ridere, con tecniche di lotta miste e non più ancorate a un singolo genere.
L'imbambolato americanone di Salt Lake e il peperino dagli occhi a mandorla, con il suo fisico da peso-mosca e con una curiosa capigliatura alla paggetto pronta a svolazzare a ogni piroetta, dovranno vedersela, in quel di Hong Kong, ove prosegue la vicenda in barba a ogni logica narrativa, sia contro un'organizzazione terroristica non meglio identificata, sia (udite udite!!) contro i comunisti nord-vietnamiti (chissà cosa gli autori avevano in mente!). Tra i primi riconosciamo l'ex modella tedesca Nadiuschka (attiva nel cinema spagnolo a basso budget) e lo stesso Dick Randall in un cameo. In veste di cattivo, viene rispolverato il sempre più pompato e inespressivo culturista americano Brad Harris, conosciuto dal nostro cinema minore per aver costituito con il compianto Tony Kendall (al secolo Luciano Stella) una simpatica rivisitazione in chiave povera della famosa accoppiata Tony Curtis e Roger Moore. Dal canto loro, i nord-vietnamiti ci sciorinano un repertorio davvero notevole di "cattivoni" tra i quali emergono Hwang Jang Lee (noto "villain" di molti films di arti marziali) e soprattutto un giovane Bolo Yoeung, che sarà quel futuro Chong Lee preso a schiaffazzi dal platinatissimo Jean Claude Van Damme nel kumitè del celeberrimo e trucidissimo scult "Senza esclusione di colpi" (1988).
A rendere ulteriormente gradevole la visione, lo sgangherato copione a firma dello stesso Bruce Le e del tal Fan Poon ci propone alcune trovate deliziosamente bizzarre per enumerar le quali non c'è davvero che l'imbarazzo della scelta. Basti pensare all'entrata trionfale di Richard Harrison nel parco di una villa con piscina, a bordo della sua Porsche decappottabile, circondato da ignude pulzelle pronte a gettarsi ai suoi piedi, regalandoci così un immagine adatta più a un pornoattore che a un agente segreto. Degna di nota è poi la delirante sfida tra Bruce Le e un toro infuriato nell'arena, terminata con l'immancabile mazzata in mezzo alle corna del malcapitato bovino. Segue un assurdo cartone animato stile manga a iconizzare i danni cerebrali provocati al povero animale (un effettaccio "gore" avrebbe sicuramente reso meglio l'idea!) Ciò senza dimenticare l'incredibile lezione di kung fu da strada (esiste veramente??) impartita da Bruce Le all'imbolsito Harrison, consistente in una sbrigativa e raffazzonata accozzaglia di ovvietà e di luoghi comuni utili a nulla e a nessuno. "Bisogna colpire l'avversario nei punti vitali, senza dargli il tempo di reagire!", "sic docet" il vispo mandarino.
Nonostante la regia sia accreditata allo stesso Bruce Le, probabile realizzatore delle varie scene di lotta, presenti in gran copia e anche a sproposito (ci si pesta praticamente ogni cinque minuti), l'effettiva direzione del film, come in molte produzioni di Randall, è ancora in larga parte "sub iudice". A tal riguardo, molte fonti riportano come responsabile il sardo Luigi Batzella, già avvezzo a metter mano uncredited a cooproduzioni di tal fatta, come nel delirante e coevo sexploitation "Proibito erotico", a firma del pornografo britannico Derek Ford, almeno nelle versioni estere e sempre di produzione Dick Randall.
"La sfida del tigre" rimane pertanto un tipico sottoprodotto destinato alle platee dei paesi in via di sviluppo, caratterizzato da azione frenetica, a tratti addirittura folle, trama squinternata (ma non importa) e numerosissimi pestaggi, il tutto allietato da nudità (anche integrali) di notevolipezzi di figliuole. Tra queste, oltre alla summenzionata Nadiuschka che, nostro malgrado, non si spoglia mai, troneggia la bellona Morgan Fairchild, stellina gettonatissima dei coevi "Z movies" americani e soprattutto dei serials ultratrash del calibro di "Love Boat" e "Falcon Crest" che andavano a rallegrare i nostri pensionati nei palinsesti televisivi del tempo che fu.
Mai circolato nelle nostre sale, il film è stato distribuito direttamente per in vhs a partire dal 1986 dalla famigerata "Eureka Video" (siamo ai livelli della "Avo Film"), con il tipico doppiaggio deprimente e dilettantesco dei TV movies di quegli anni.
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