Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Sergio Leone e Don Siegel, riposino in pace. L'omaggio iniziale di Eastwood non è da prendere come un affronto silenzioso in cui l'allievo saluta i maestri e fa per conto suo, quanto forse un desiderio di averli lì, ancora con lui, a in un western.
Il Clint regista ci sa fare, perchè sa spiazzare le aspettative del mercato e le sue regole. Crea un western dai toni splendidamente surreali, ma non cade nell'opera sfilacciata come poteva capitare ad altri megalomani. Con il suo dono di sintesi asciuga sia la narrazione che il linguaggio visivo, lasciando al montaggio il compito di rendere le sue intenzioni.
C'è ancora troppa critica che crede che Eastwood abbia imparato più da Siegel che da Leone. Se da Siegel Eastwood ha imparato una certa plasticità e una certa narrazione asciutta, di Leone ha preso indiscutibilmente lo sguardo. Altrimenti non si spiegherebbero molte scene, per nulla commerciali, dei suoi film. La più evidente è quella di scegliere lunghi silenzi e tempi dilatati anche in situazioni normali, e non di tensione. Ma va detto anche che Eastwood va per la sua strada, e già col primo film acquista una dimensione registica personale. E anche qui, sono ancora in molti a credere che "Brivido nella Notte", sua prima regia, sia un lavoro imperfetto. Invece vi troviamo molti dei luoghi a lui cari, e anche il suo personaggio ha già in sè i caratteri più evidenti dell'uomo eastwoodiano, anche se matureranno, credo, solo da William Munny in avanti.
"Lo Straniero Senza Nome", il cui titolo originale non è così bello come il nostro italiano, si presta a molte interpretazioni che lo elevano per questo a titolo di classico. Da dimenticare le accuse di fascismo che si facevano all'epoca ai film di e con Clint Eastwood, perchè è ormai chiara l'anarchia che pervadeva ogni suo personaggio e ogni sua pellicola.
Anche qui, lo straniero arriva dal nulla, e sembra proprio un morto, e non il fratello dello sceriffo morto, come il doppiaggio italiano ci vuol far credere visto che Eastwood, alla domanda di Mordecai circa il suo nome, gli risponde "Yes, you do". Come per dirgli: tu lo sai, lo hai fatto. Infatti Mordecai aveva appena scritto il nome dello sceriffo morto, Jim Duncan, sulla sua lapide lasciata senza nome, e questo si collegherebbe con quanto viene detto prima, cioè che i morti senza un nome sulla croce non dormano in pace e che tornino a vendicarsi. Sì, Clint Eastwood è Jim Duncan, affidato però alle fattezze dell'amico Buddy Van Horn, che ad Eastwood un po' ci somiglia.
Clint gioca con i paesani di Lago come il gatto col topo. Li scherza, li sfotte, li oltraggia, li comanda: insomma li punisce. Violenta pure una donna senza che lo spettatore possa dire bè, e credo sia una scelta felicissima che dissacra il mito ideale che si vuol sempre dare al protagonista di un film. Lo Stranireo di Eastwood non ci deve piacere, è che questo che vuole. Purtroppo l'operazione con me non riesce, perchè se amo Clint Eastwood (come Gene Hackman) è perchè credo in questa anarchia espressiva dell'uomo eastwoodiano, che sa spiazzare, remare contro, dividere l'opinione pubblica e farsi gli affari suoi con clase invidiabile.
Se lo vogliamo come "il morto che ritorna", lo Straniero allora può avere anche un'interpretazione messianica. Il figlio di Dio che torna sulla Terra (Lago) per squotere le anime degli uomini, che gli hanno voltato le spalle (gli abitanti), preferendovi il profitto, il benessere, il potere (l'America), invece che la sua parola e il suo esempio (l'uomo etico primitivo).
Un capolavoro che giganteggia ancora oggi per l'iconografia di Eastwood stesso, con uno dei suoi look migliori; per l'ambientazione arida, desolata e surreale; per la violenza evidente; per il nobile individualismo del suo antieroe unito all'anarchia visiva e narrativa del film.
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