Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
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NEL DICEMBRE DEL 2022
Lo straniero senza nome giunge, sudicio e mirabile sul suo cavallo, nel villaggio di Lago (California), dieci case di legno in riva al mare, tra cui un saloon, un hotel, una chiesa e un barbiere. In meno di mezz’ora fa fuori tre temuti pistoleri con un colpo ciascuno della sua rivoltella e violenta in una stalla la donna più avvenente del paese, colpevole di averlo provocato con eccesso di ardore. “Hai bisogno di un saggio di educazione... ”, le dice lui, trascinandola per un braccio. Nel volgere di un giorno diventa il padrone del posto, dal momento che i cittadini, pur di ottenere la sua protezione, gli danno carta bianca per qualunque decisione e desiderio. Ma a dispetto del suo contegno da invincibile, lo straniero ha sonni agitati da un incubo, in cui un uomo è trucidato a colpi di frusta, proprio sulla polverosa strada di Lago.
Questa prima regia western di Clint Eastwood (il suo esordio dietro alla macchina da presa risale al 1971 con il thriller Brivido nella notte, e fu subito successo) è un classico revenge movie, sottogenere particolarmente in voga nel cinema degli anni ’60 e ’70 del secolo scorso (soprattutto in quello del western all’italiana e di arti marziali), in cui si è formato il talento artistico di uno dei più bravi e prolifici cineasti contemporanei. Il pistolero preferito del nostro Sergio Leone qui recupera un personaggio che per misteriosità e malinconia ricorda più il Joe (guarda caso detto ‘lo Straniero’) di Per un pugno di dollari (1964) che non ‘il Monco’ di Per qualche dollaro in più (1965) o ‘il Biondo’ de Il buono, il brutto e il cattivo (1966).
Eastwood – dalla sceneggiatura di Ernest Tidyman e Dean Riesner – estrapola un buono atipico al quale, con la scena iniziale dello stupro (che oggi la maggior parte dei registi non ratificherebbe per un protagonista positivo), fa rappresentare la più egocentrica fallocrazia dell’epoca. Lo straniero senza nome edifica il proprio piano di vendetta passando sopra ogni aspetto morale, dalla mortificazione dei più deboli, alla sopraffazione e derisione misogina delle donne tutte inebriate dal suo fascino, all’uccisione senza scrupoli di ogni avversario. Il far west che ne emerge è un mondo popolato da un’umanità per lo più intrisa di miope violenza e appiattita da un’avvilente povertà spirituale. Un universo di gente dissestata, infelice e incarognita che Clint ci avrebbe riproposto un ventennio più tardi con Gli spietati (1992).
Nel cast, oltre a Eastwood nei panni del personaggio principale, troviamo anche Geoffrey Lewis – volto noto del cinema di quegli anni, soprattutto per gli spaghetti western e che per il regista di San Francisco avrebbe recitato anche in Bronco Billy (1980) e in Mezzanotte nel giardino del bene e del male (1997) - e Mitchell Ryan (con Eastwood nel cast di Una 44 Magnum per l'ispettore Callaghan, sempre del 1973). Ruoli di rilievo anche per le due interpreti femminili, Verna Bloom (Animal House, 1978) e Marianna Hill (Il padrino - Parte II, 1974).
Per gli amanti del western è di certo un film da non perdere, che paga non pochi cliché del genere e alcuni momenti di fiacca che pregiudicano il costante coinvolgimento dello spettatore. È certo che già da questa prova si poterono intuire le doti di un uomo destinato a dare lezioni di cinema nei successivi cinquant’anni. Voto 7.
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