Regia di Daniel Wolfe vedi scheda film
“Catch Me Daddy” è l’interessante esordio nel lungometraggio del regista inglese Daniel Wolfe che a giudicare da questa sua prima fatica, fa sperare davvero molto bene per gli sviluppi artistici del suo futuro cinematografico.
Costruito con una modalità di racconto che potrebbe essere paragonata a ciò che in letteratura si definisce con il termine di “chiasmo”, è la storia violenta e incalzante di una fuga impossibile, quella di una ragazza che nella chiusa realtà della comunità pakistana in Inghilterra, tenta di emanciparsi dalle inaccettabili “pressioni” di un padre-padrone rimasto ancorato alle barbarie tribali della sua terra d’origine, improponibili per le nuove generazioni che ormai vivono nella più evoluta realtà europea, e con questa si rapportano.
Ho parlato di “chiasmo” proprio per come il regista articola il percorso narrativo di questa storia tragica e inquietante che si sviluppa tutta in una notte: il regista prima racconta i personaggi uno per uno, li mette insieme e monta le loro azioni senza spiegarne il senso, lasciando comunque tracce sufficienti per far immaginare una evidente quanto ancora tutt’altro che chiara convergenza fra di loro, e poi finalmente li fa implodere tutti insieme, inseguiti e inseguitori, con una procedura che spinge il tutto verso la tragedia che inevitabile arriva ed è molto più brutale di quanto si poteva immaginare.
Film sorprendente insomma per la maniera anomala con cui sviluppa il suo percorso, ma soprattutto per un finale davvero sconvolgente e disturbante (non a caso – e mi riferisco a ciò che ha scritto in diretta da Cannes @alan smithee dove il film fu presentato alla Quinzaine des Réalizateurs, gli spettatori della proiezione mattutina alla Croisette, lo accolsero con qualche perplessità trovandolo probabilmente troppo forte per i loro deboli e delicati stomaci). E’ a questo punto, quando ormai il dado è tratto e comincia a scorrere il sangue, che il regista torna a interessarsi singolarmente dei suoi personaggi, nel senso che li stacca dall’insieme uno per uno, e uno ad uno li costringe (non trovo termine migliore) ad affrontare in solitudine la propria infausta sorte.
Un piccolo noir dunque, efficace e crudele che si fa notare per l’eccellenza della forma e per un’ambientazione abbastanza inusuale caratterizzata da una provincia inedita e di grande fascino visivo, ma molto meno tranquilla di quanto sembrerebbe voler far percepire in apparenza.
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