Regia di Carlos Vermut vedi scheda film
Fidelio e lucertole.
Trascinante e torbido, cieco e plumbeo, Magical Girl è un'opera con la capacità di stimolare lo spettatore attraverso una calibrata e subliminale scelta da parte del regista di non mostrare l'orrore filmico, o ciò che dovrebbe essere. Un film preciso, matematicamente abissale, velatamente infernale, in cui il dolore presente nella pellicola risulta avere una forza cicatriziale, quasi cadaverica, quindi, rapportato al pubblico, il dolore si manifesta in maniera doppiamente incrollabile e dilatata, presente e pesante, nonché incontrovertibile.
E ogni volta che la soluzione al male, la prova dell'atto malvagio e del ricatto esistenziale sono a portata di mano, ecco che improvvisamente svaniscono, come per magia. Ed il male viene invisibilmente eternizzato. Al di là delle immagini, dietro (o dentro) di esse. Insomma, nel finale il cerchio si chiude illusoriamente, di conseguenza, in realtà, si palesa un'effettività relativa all'impossibilità di far cessare il dolore, il male, l'orrore, se non, appunto, attraverso una semplice gioco di prestigio, una gesto ingannevole. Il Cinema che illude lo spettatore di poter eliminare, far sparire, debellare il male indebellabile.
Un altro grande pregio di Magical Girl è che, in un certo senso, non assomiglia a nient'altro, nonostante non sia un'opera prettamente rivoluzionaria.
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