Regia di Terence Davies vedi scheda film
TFF 33 – Festa Mobile
In occasione dell’assegnazione del “Gran Premio Torino”, Terence Davies presenta il suo ultimo lavoro.
Regista tutto d’un pezzo, uno dei pochi che non gira a gettone, propone un melodramma storico come non se ne fanno più.
Difficile rimanere distaccati dalle vicende narrate, ma all’interno della sua filmografia dubito figurerà tra i suoi più celebrati lavori.
Inizio del ‘900, la famiglia Guyhrie è controllata, e maltrattata, dal suo patriarca (Peter Mullan), tanto religioso, quanto violento.
Sua figlia Chris (Agyness Deyn) cresce nel dolore e da questo si rafforza, tanto da divenire donna sicura di se e trovare anche in Ewan (Kevin Guthrie) il grande amore della vita.
Poi però sopraggiunge la guerra, Ewan va a combattere al fronte e per entrambi sarà tutto diverso.
Nessuna sorpresa, un pizzico di (inevitabile?) retorica ed una confezione sopraffina, questi gli elementi salienti del nuovo film di Terence Davies.
Una storia dura, anzi durissima, un padre/marito che diventa un vero e proprio padre-padrone, con una ferrea contraddizione tra la sua fede cristallina ed i suoi modi brutali che lo portano a minacciare il figlio di castrarlo qualora quest’ultimo gli disubbidisca.
In parallelo parte, e prende forma, la principale evoluzione del personaggio di Chris, ragazza tanto bella quanto intelligente, che saprà prendere le redini della sua vita, fare scelte difficili e conquistare l’autonomia così come l’amore.
Intorno, grandi riprese naturali, con una solennità che trova il suo culmine in due frangenti cantati, un matrimonio ed in sintesi un funerale, che appaiono sapientemente lancinanti.
In detrazione invece, a parte un passo un po’ troppo lento (135 minuti non sembrano forse tantissimi, ma si tende ad eccedere), la trasformazione di Ewan con al seguito le conseguenze che sembrano troppo nette; probabilmente sarebbe servito un passaggio dedicato al personaggio sul fronte per renderle più percettibili.
Invece la concentrazione rimane sempre puntata su Chris, a Terence Davies va dato il merito di aver scovato Agyness Deyn, tanto forte quanto candida, quasi una gemma capace di donare tutta se stessa e rimanendo sul cast Peter Mullan è semplicemente superbo nel tratteggiare la brutalità cristiana d’altri tempi del suo personaggio.
“Sunset song” è un film composito, che sa come tratteggiare gli eventi, così come tutto ciò che ruota loro attorno, forse un po’ disomogeneo nei tempi e negli spazi che regala a personaggi e passaggi, forse un po’ sacrificato da una visione festivaliera che richiede tempi di acquisizione più stretti.
Per me non è una visione imprescindibile, ma non mi sentirei di sconsigliarlo, soprattutto ai nostalgici dei melò vecchio stampo.
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