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Femminilità (in)corporea

Regia di Roger A. Fratter vedi scheda film

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Gunny84

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Femminilità (in)corporea

di Gunny84
7 stelle

Con questo film, completo la filmografia di Roger Fratter, escludendo i moltissimi cortometraggi minori e il lungometraggio ancora inedito “L’amore sporco di Valeria” e il documentario “Guerra Bianca” che data la natura del prodotto non fiction, non rientra per ovvi motivi in ambito della cinematografia tradizionale.

Più volte mi sono espresso favorevolmente su questo regista (ma anche in qualità di attore in base a quanto ho avuto modo di vedere negli ultimi film), non lo dico per piaggeria o idolatria, ma ritengo che nell'affolato panorama indie, e da considerarsi uno dei migliori, e con un suo particolare modo di fare cinema, con una gran voglia di sperimentare e di cimentarsi in opere sempre originali, inedite e perché no... uniche.

Femminilità (in)corporea non è immune a queste mie affermazioni, e conclude degnamente una trilogia di film introspettivi di spessore, trilogia fortemente voluta e realizzata con profusione dal già citato e affermato regista, opera che però allo stesso tempo sinceramente parlando, il sottoscritto non lo annovera tra i suoi preferiti.

Mi dispiace un po’ a dirlo, è riuscito solo parzialmente a fare breccia nel mio animo da telespettatore, a differenza di quanto avvenuto invece nei precedenti film.

Intendiamoci non voglio assolutamente sminuire l’alta qualità estetica e filmica che si coniugano perfettamente, film tra l’altro dotato di una resa eccellente e con una solida struttura, e il tutto accompagnato da una recitazione generale molto professionale e realistica, e con una regia priva di sbavature.

Il fatto è che ho trovato questo lungometraggio, troppo intimistico, e che cerca di esprimere i moti dell'animo umano, i sentimenti e le emozioni in maniera a volte tediosa, ed infarcita di simbolismi non sempre facili da catturare.

D’accordo che il cinema di Fratter ha un non so che di sospeso, di velato e di inspiegabile ma stavolta si tende forse ad aumentare un po’ troppo le dosi e lo dimostrano a chiare lettere certe sequenze.

Da segnalare che questa pellicola ha dei forti e ben inseriti elementi che si collegano nel campo della letteratura e dell’arte.

Nel primo caso perché principalmente rendono il protagonista come una sorta di alter ego pirandelliano che si cimenta in una sorta di viaggio interiore, nel secondo caso invece perché l’arte denota un elemento chiave della vicenda,rappresentata in maniera intelligente e con una marcata intellettualità, e ciò rende il film, più astratto.

In base a quanto sto scrivendo in questa recensione penso di rendere l’idea sul fatto che rispetto a quanto visto prima, mi sono trovato durante e al termine della visione abbastanza spaesato, ma ciò non toglie che ho goduto il film appieno e visionato con interesse.

Tornando al concetto recitazione, come accennato poc’anzi, ne sono rimasto soddisfatto , a parte Raffaelle ( recitato dallo stesso Fratter, nuovamente protagonista e che risulta bravo e in parte come sempre), sia le attrici e sia gli attori, mi sono sembrati come se avessero un’impostazione e un timbro teatrale che fondamentalmente si adatta e aderisce molto bene al contesto che si è cercato di rappresentare, un cast che risulta di prim’ordine, non solo in ambito recitativo ma espressivo.

Nel caso delle attrici, esse sono dotate anche di particolare bellezza ( Monika Malinowska la mia prediletta su tutte) e che sanno come giocare bene le loro carte di seduzione, posso per cui affermare con certezza che anche stavolta Fratter non ha tradito il proprio marchio di fabbrica.

Evitando di soffermarmi troppo sulla trama e sui dettagli, mi limito inoltre a dire una cosa nondimeno importante:

Benchè la donna o meglio le donne come già abbiamo visto nei precedenti film vengono con criterio analizzate, la figura maschile non viene assolutamente trascurata o sminuita, anzi, qui addirittura più che mai viene accentuata, ad esempio la voce fuori campo di Raffaele ne è una chiara dimostrazione.

Analizzando infine le ambientazioni e le scenografie, qui il regista ha superato sé stesso, si nota chiaramente che nonostante un budget contenuto, sia riuscito a ricreare in entrambi i casi, delle cose davvero lodevoli e pregevoli (il suggestivo casolare di campagna sia interno e sia esterno mi ha particolarmente stupido) , mentre riguardo il comparto audio, grazie sempre all’ottimo e fidato Massimo Numa, ci delizia di musiche e di alcune bellissime canzoni, che reputo a dir poco stupende e che non hanno nulla da invidiare con quelle commerciali.

Che altro da dire?

Data la complessità e la natura del film in questione, mi sento in dovere di visionarlo in futuro, almeno un’altra volta, e di tentare di cogliere determinate sfumature che sicuramente mi sono sfuggite ed eventualmente rivalutarlo positivamente ancora di più.

Ad ogni modo il film “Tutte le donne di un uomo da nulla” (e il suo protagonista Paolo Nullo), resta a mio avviso il miglior film della trilogia, poichè su tantissime cose mi ci ero identificato di più, e presenta inoltre uno stile più lineare, e con un simbolismo senz'altro più ridotto.

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