Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
Molta della produzione cinematografica a cavallo tra anni '20 e '30 gioca sulla suggestione visiva, su effetti di luci e di suoni che anche dopo quasi un secolo non sfigurano ed anzi rafforzano il peso relativo delle immagini, vuoi per la mancanza del sonoro e del colore, vuoi per un gusto della sperimentazione che andrà progressivamente affievolendosi quando il cinema diventerà prodotto maturo e collaudato. Non fa eccezione "Vampyr", un affascinante viaggio semi-onirico secondo forse solo a "Nosferatu", dove Dreyer è in grado di trasporre una storia di vampirismo in atmosfere diurne senza togliere con questo una virgola dell'inquietudine che il film è in grado di trasmettere, quel senso del magico e del tragico che si fondono in scene diventate parte della storia del cinema, dalle ombre fuggevoli e diafane al protagonista che vede sè stresso morto in una bara, in continua oscillazione tra sogno e realtà. Un capolavoro che la cineteca di Bologna ha reso ancora più affascinante nel suo restauro, un film che è un viaggio nel tempo di un cinema pionieristico e suggestivo.
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