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Vampyr

Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film

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La recensione su Vampyr

di port cros
9 stelle

Opera di atmosfera inquietante e macabra, ove l'esile trama è un pretesto per permettere a Dreyer di sperimentare soluzioni visive all'avanguardia. Al confine tra cinema muto e sonoro, difficilmente classificabile in maniera univoca, appartiene più al genere gotico soprannaturale e psicologico che all'horror propriamente detto. Voto: 8,5 su 10.

locandina italiana 2022

Vampyr (1932): locandina italiana 2022

 

Che privilegio poter vedere sul grande schermo le grandi pellicole dei decenni passati, grazie ai sempre meritori lavori di restauro, in questo come in molti altri casi portato avanti dalla benemerita Cineteca di Bologna nell'ambito del progetto Il Cinema Ritrovato. Ancora maggiore soddisfazione quando si tratta di una pellicola risalente ad addirittura nove decadi fa (1932), agli albori del cinema sonoro.

Vampyr di Carl Theodor Dreyer è un film indubbiamente antico per età anagrafica, ma moderno per l'avanguardia delle soluzioni visive e stilistiche adottate e anche per il tema, facendo parte di un filone, quello dei vampiri, che già allora era in pieno spolvero (Dracula con Bela Lugosi è dell'anno prima) e che si è mantenuto vitale (pun intended) in tutta la storia successiva della Settima Arte fino ai giorni nostri.

 

La trama vede un viaggiatore giungere ad una locanda in uno sperduto villaggio francese, dove da subito nota l'aleggiare di un'atmosfera inquietante ed il verificarsi di una serie di eventi sospetti, legati ad un dottore dall'aspetto che curiosamente ricorda Albert Einstein e ad una anziana dal contegno lugubre e sinistro. Un antico libro che il locale castellano gli lascia avvolto in un pacchetto da aprire solo dopo la sua morte gli rivela che la località è infestata dai vampiri, che ben presto attaccano le figlie del defunto castellano.

 

 

Vampyr (1932) di Carl Theodor Dreyer - Recensione | Quinlan.it

 

In realtà l'esile trama, poco fedelmente tratta da due racconti gotici, mi sembra poco più di un pretesto per permettere a Carl Theodor Dreyer di sperimentare soluzione visive all'avanguardia, in uno stile marcatamente influenzato dall'espressionismo tedesco.

Coerentemente al tema oscuro, Dreyer col suo direttore della fotografia Rudolf Maté fa un grande lavoro sulle ombre, utilizzando in molte scene un'illuminazione dal basso per evocare sensazioni di inquietudine proiettando le ombre verso l'alto, mostrandoci ombre che ballano al suono di un'orchestrina, ombre che agiscono indipendenti dalla figura che dovrebbe proiettarle, persino ombre che sparano ed uccidono. Tuttavia l'autore non ci lascia a brancolare nel buio: il film è piuttosto pervaso da un'aura onirica ove più che le tenebre a prevalere è una luce sempre soffusa e lattiginosa, oltre ad una persistente nebbia che spesso avvolge ed occulta il paesaggio.

 

L'opera, difficilmente classificabile in maniera univoca, appartiene comunque più al genere gotico soprannaturale e psicologico che all'horror propriamente detto, in quanto non cerca di colpire il pubblico mettendo in scena la violenza e ricorrendo a trucchi per suscitare lo spavento: di sangue ne scorre poco e neppure i vampiri hanno un aspetto terrificante. Dreyer lascia piuttosto briglia sciolta alla sua immaginazione e perizia nell'uso dei mezzi cinematografici allora disponibili per evocare sottilmente un immaginario macabro e disturbante, dal presagio dell'uomo con la falce nelle prime sequenze, al viaggiatore che ci appare per la prima attraverso il vetro della porta come se una presenza lo scrutasse dall'interno della locanda, alla mano scheletrica che porge una boccetta di veleno, alla visione da incubo del protagonista che scopre il proprio stesso cadavere, fino a toccare il vertice nella strabiliante soggettiva dall'interno della bara, col morto che ne è testimone della chiusura e trasporto da parte dei becchini. Altra genialata è quando nell'incubo il viaggiatore, staccatosi dal suo stesso corpo, diviene semitrasparente e lo vediamo spostarsi nel stanze con lo sfondo che scorre attraverso la sua figura diafana.

 

Movie "Vampyr", directed by Carl Theodor Dreyer. Sreenplay written by...  Foto di attualità - Getty Images

 

Colpisce quanto Vampyr, sebbene sia un film sonoro, ci appaia girato ancora nello stile del cinema muto, con scarno uso dei dialoghi e ancora molte (anzi, troppe) parole da leggere sullo schermo, principalmente dalle pagine del libro sui misteri vampireschi. Invece largo spazio è concesso alle musiche di Wolfgang Zeller (risuonate per il restauro dall'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna ) e ad effetti sonori inquietanti.

 

Il cast si avvale di attori non professionisti che Dreyer istruì a recitare con aria catatonica e sonnambulesca, a partire dal protagonista Julian West, socialite rampollo di una ricca famiglia, che finanziò il film per lanciare la sua carriera nel cinema, che però non decollò: Vampyr, che non ebbe successo al botteghino, rimase il suo unico ruolo, ma in compenso diventerà un influente giornalista nel settore della moda.

 

Vampyr (1932) di Carl Theodor Dreyer - Recensione | Quinlan.it

 

Gli unici difetti che ho trovato nel film sono una trama un poco inconsistente e in certi punti non immediatamente afferrabile (ma questo potrebbe essere un voluto effetto disorientante) e, come scrivevo, qualche evitabile residua didascalia scritta tipica della morente epoca del muto (Dreyer ti inventi la soggettiva dalla bara che ancora oggi lascia a bocca aperta e poi mi passi minuti ad inquadrare le pagine di un libro !?!?). Ma questi non ci impediscono certo di godere di questo angosciante gioiellino gotico e delle geniali invenzioni cinematografiche che l'autore ha disseminato lungo il suo incubo di celluloide.

 

Voto: 8,5 su 10.

 

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