Regia di Monte Hellman vedi scheda film
“Hai due piccoli difetti, Frank: bevi troppo e parli troppo”. “Sì, terrò la bocca chiusa… terrò la bocca chiusa finché non vincerò quella medaglia”.
Frank Mansfield (Warren Oates) per mestiere alleva galli da combattimento e viaggia in roulotte alla ricerca di gare nelle quali impiegare i suoi volatili. Per colpa della sua loquacità e della sua presunzione, tempo fa si è giocato tutte le possibilità di vincere la medaglia al torneo di Milledgeville. Da quel giorno, si è autopunito imponendosi il mutismo: non parla più con nessuno e comunica soltanto con i gesti. Dopo l’ennesima sconfitta contro il suo rivale storico Burke (Harry Dean Stanton), che gli vince anche la roulotte e la donna, Frank, rimasto senza un soldo, è costretto a tornarsene nella città natìa, dove riallaccia i rapporti con la ex fidanzata. Ma Frank non riesce ad abbandonare la sua passione, e così mette sù un allevamento di galli per prepararsi al torneo di Milledgeville.
Dopo l’insuccesso di Strada a doppia corsia (che rimane, insieme a La sparatoria, il suo capolavoro), Monte Hellman torna ad affidarsi alle mani paterne di Roger Corman che aveva prodotto i suoi primi film. Cockfighter è un’opera strana e bizzarra, che prosegue la via già tracciata da Strada a doppia corsia. Anche qui c’è il mondo delle scommesse clandestine a fare da collante al racconto, e anche qui c’è la descrizione di una generazione di perdenti che ha scelto l’isolamento e che si arrabatta a vivere in qualunque modo. Se però, può apparire a prima vista più leggero del film precedente, anche grazie ad uno stile più lineare e a qualche momento divertente, Cockfighter è in realtà ancora più radicale e pessimista. Quella messa in scena è una umanità desolata, composta da un sottobosco di individui che si divertono nell’osservare un gioco rivoltante e brutale: dei polli che si scannano tra di loro, “qualcosa che lotta fino alla morte senza fare il minimo rumore”, come li descrive Frank. La similitudine con gli uomini è fin troppo evidente, ma Hellman usa l’arma del cinismo realizzando una allegra ballata macabra, per sferrare un attacco alla società americana. Se in Strada a doppia corsia i due protagonisti parlavano pochissimo, qui Hellman radicalizza ancora di più questa “assenza di parola”: Frank è muto per scelta, per autopunirsi ma anche per disprezzo verso gli altri. È un personaggio che non è in grado di stabilire rapporti umani con le persone (specialmente con le donne) e rifugge nel mondo animale questa sua solitudine. Straordinario Warren Oates che, privato della parola, riesce a comunicare con le espressioni del volto tutti gli stati d’animo del suo personaggio. Il finale è impietoso e crudele. Cockfighter, naturalmente, fu un enorme insuccesso commerciale e chiuse a Hellman le porte di Hollywood per molti anni, costringendolo ad emigrare in Italia per i suoi due successivi film (Amore piombo e furore e Iguana), prima del recente e inaspettato ritorno con Road to Nowhere del 2010. Mai distribuito da noi, è apparso in prima visione assoluta su Rai 3, grazie ad Enrico Ghezzi e al suo Fuori Orario, alcuni mesi fa in versione originale sottotitolata. I pochi fortunati (e io sono uno di questi) che sono riusciti a vederlo ringraziano di cuore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta