Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Pietra miliare.
La strada è uno zoo della misera condizione umana. C'è il possente Zampanò (Quinn), che sa spezzare una catena di ferro crudo spessa mezzo centimetro avvolta attorno al suo petto, a prezzo di "rompersi una vena o perdere la vista". C'è il malinconico e disincantato Matto (Basehart), che mangia un piatto di spaghetti sospeso sopra un filo. C'è l'ingenua e sognante Gelsomina (Masina) che nulla sa fare e si chiede quale sia la sua utilità in questa vita. Venghino, siori, venghino: i protagonisti di questa pellicola sono poveracci che cercano disperatamente di attirare i riflettori del mondo su di loro, che per mettere insieme qualche spicciolo devono degradarsi in spettacolini di quart'ordine, abbigliarsi da pagliacci, indossare una maschera, mostrare un'allegria che non è la loro. Sono infelici sradicati che non vivono, ma si limitano a sopravvivere giorno dopo giorno. Ma non si arrischi lo spettatore a provare pietà, dal comodo della sua poltrona, per il barcollante incedere delle loro esistenze, perché La strada ci riguarda, è il mondo, siamo noi. Dove viviamo se non in un enorme tendone da circo, in cui i saltimbanchi esposti al pubblico ludibrio, all'altrui dileggio, o riprovazione, siamo noi? Siamo vagabondi in perenne e futile ricerca del consenso e dell'attenzione altrui, e del nostro ruolo nel crudele ingranaggio del mondo. Non esiste via di fuga dall'interminabile vagare: rimangono solo la quieta rassegnazione del Matto, o la follia della troppo debole e fragile Gelsomina, o la sconfitta del solo in apparenza invulnerabile Zampanò.
Strepitosa prova d'autore di Fellini, che con questa crepuscolare ode alle persone semplici, si è fatto conoscere per ironia della sorte al rutilante universo hollywoodiano. Formidabile anche la Masina, una maschera vivente, che con quello sguardo perpetuamente perso, trasognato, preoccupato rispecchia nella maniera più sincera tutte le ambasce del nostro vivere quotidiano.
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