Regia di Federico Fellini vedi scheda film
Per quanto sia riconosciuta come l'opera che ha svelato appieno - certamente a livello internazionale con l'Oscar - il talento di Fellini, La strada è un passo indietro rispetto ai Vitelloni: il regista confeziona una fiaba delicata e commovente, ma vi inserisce ben poco di sè, prediligendo la forma astratta dell'apologo a quella concreta del racconto precedente. La questione esistenziale e materiale dei Vitelloni qui viene trasfigurata in un altro tipo di discussione, questa volta puramente teorica, filosofica (religiosa?): protagonisti sono l'ingenuità e la purezza di Gelsomina che si scontrano con la violenza e la dissennatezza di Zampanò. In mezzo, lo scherzoso Matto, intelligente, ma incapace di controllarsi. Il finale è decisamente pessimista (anche qui al contrario dei Vitelloni), con una sconfitta, per lo meno morale, per tutti. Bravissimo Quinn, mentre la Masina, pure lodata ad oltranza per la sua Gelsomina (che le rimarrà appiccicata addosso per sempre), è sempre un po' confusamente sopra le righe, imitando qua e là Harpo (Marx), ma risultando spesso forzata e fasulla, senza riuscire a donare un'espressività propria al personaggio. Non è un film facile, non è nemmeno un trionfo dei buoni sentimenti.
Gelsomina, ragazza povera, viene ceduta ad un forzuto fenomeno da baraccone girovago, Zampanò. I due trovano un ingaggio presso un circo dove, fra le attrazioni, c'è anche il saltimbanco chiamato Matto. Il Matto prende di mira Zampanò con i suoi scherzi; questo reagisce in maniera violenta, uccidendolo accidentalmente. Gelsomina rimane segnata dall'episodio e Zampanò l'abbandona. Ne sentirà parlare di nuovo dopo qualche anno, da una ragazza che intanto l'aveva conosciuta: Gelsomina è però morta. Zampanò si ubriaca e piange.
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