Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
L’ultimo film davvero personale di Bolognini (come dicono Bocchi e Pezzotta nel loro “Castoro”) è anche una specie di summa dei pregi e dei difetti del suo cinema. La consueta cura formale si concretizza in una ricostruzione scenografica e dei costumi che ha del prodigioso. Sembra di entrare, a seconda degli ambienti descritti, nei quadri di Renoir e di Van Gogh. Il problema, però, è proprio questo: drappi e colori soffocano l’anima di un film che, forse, era nato sbagliato già fino dalla concezione del soggetto. Basti pensare che la “storia vera” di questa Alphonsine/Marie Duplessis ispirò ad Alexandre Dumas figlio – che la conobbe dal vero – un romanzo (“La signora dalle camelie”, appunto), che poi diventò opera teatrale e, musicata da Verdi, uno dei melodrammi italiani più famosi, “La traviata”. Proprio depurando la vicenda dei suoi elementi romantici e melodrammatici, però, Bolognini e il suo sceneggiatore Medioli hanno ridotto il film ad un realismo in costume d’epoca con sbocchi di sangue. L’eccellente professionalità di molti degli interpreti principali (la Huppert, Volonté, Rey, Ganz, il giovane Bentivoglio) non riesce a compensare l’inaridimento dell’ispirazione di un regista che non saprà più dare i frutti dei suoi lavori precedenti e che si limiterà, da quel momento in avanti, a realizzare prodotti il più delle volte concepiti, già in partenza, più per la televisione che per il grande schermo.
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