Come spesso accade, l'idea è potenzialmente buona ma il risultato è alquanto insoddisfacente. Un vero peccato, dato che i due interpreti principali, Will Ferrell e Kevin Hart, sono dei talenti comici, che qui però non riescono a salvare una sceneggiatura di Etan Cohen e Ian Roberts quasi priva di gag riuscite, senza qualche spunto interessante e soprattutto piena di volgarità gratuite. Il soggetto prevede una specie di "scuola di prigione", che serve al riccone e abituato al lusso James King per sopravvivere alla dura vita del carcerato, tra violente risse e stupratori in agguato. Condannato ingiustamente per frode e appropriazione indebita a 10 anni e ottenuti 30 giorni di preparazione, il suo mentore sarà il nero Darnell, che si improvviserà ex delinquente grazie anche all'aiuto di suo cugino. Ferrell ha dimostrato in passato di essere un grande caratterista, grazie soprattutto all'elfo Buddy di "Elf" e all'eccentrico cattivo Mugatu in "Zoolander". Questa volta ha indossato i panni di un personaggio colto, snob e serioso e nonostante il fattore comico debba trasparire proprio dalla sua estraneità verso lo sporco mondo del penitenziario di San Quintino e dunque dall'incapacità di sapersi difendere, non convince e la sua mimica (un paio di facce da cane pazzo e i pianti isterici post-processo) non riesce a salvare una storia alla fine mal gestita. Anche Kevin Hart (Una spia e mezzo), che impersona il poveraccio di turno bisognoso di non pochi soldi, strappa a malapena qualche sorriso allo spettatore. Ma alla fine non è colpa degli attori se la commedia non funziona ed è pure noiosetta e ripetitiva. La regia è del sopracitato esordiente Etan Cohen, da non confondere con uno dei mitici fratelli Coen, che comunque sul lato tecnico permette una mdp salda e attiva. Le musiche di Christophe Back sono per lo più singoli di successo come "I love it" (con immancabile karaoke in macchina). Poco più di un'ora e mezza di inefficaci situazioni comiche (come le simulazioni dei diversi "tipi" da prigione e il "difficile" succhiamento), sviluppate in maniera greve e banale, e ricolma di inutili porcherie, tra tutte l'anoccultamento. Da ricordare la battaglia finale con le mosse della capoeira, solo apparentemente una danza marziale innocua.
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