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E guardo il mondo da un oblò

Regia di Stefano Calvagna vedi scheda film

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La recensione su E guardo il mondo da un oblò

di Baliverna
6 stelle

Un trentenne lavora in una lavanderia. Oltre a venire a contatto con vari bizzarri personaggi, ha anche il tempo per riflettere sulla sua vita e sul suo futuro. Tutto sommato la canzone "Luna" di Gianni Togni non è fuori tema.

L'unica ragione per cui ho deciso di guardare questo anomalo prodotto è il titolo preso dalla celebre canzone di Gianni Togni, per la quale vado matto. Tuttavia, non rimpiango la scelta. É un film con pregi e difetti, e nel complesso se la cava.

Già l'idea di ambientarlo all'interno di una lavanderia semi-automatica è una scommessa coraggiosa, e direi vinta. La passerella di personaggi e situazioni buffi, bizzarri, a volte surreali, infatti, tiene vivo l'interesse. Gli squinternati tipi imani, infatti, presentano anche accenti di verità, a volte celati nella caricatura. Lo stesso lavoro del protagonista è del tutto realistico, oltre che simbolo di precariato e di rinuncia alle aspirazioni.

Tra gli attori vediamo alcune vecchie glorie (come Tiberio Murgia, che non ha perso quel “quid” che ha sempre avuto) assieme ad altri sconosciuti. Uno di questi è lo stesso regista, che finisce per essere l'attore secondo me migliore: un credibile bullo romano, con la loquela facile e la battuta pronta. Sinceramente mi ha convinto.

Il lato buffo del cast è però che il meno bravo è il protagonista, il quale in molti momenti sembra che reciti per gioco, col ghigno dello sbruffone, gongolando e senza prendere sul serio la sua parte. Nei momenti in cui è serio, invece, non sfigura affatto, come nel dialogo col padre (che ha piantato la famiglia per un'altra donna, o molte donne).

I momenti riusciti sono più d'uno, come il suddetto dialogo, o quello con le due ragazze. Altri siparietti girano un po' a vuoto, ma senza scadere troppo. Il finale, tuttavia, mi è sembrato “sbrodolato” e incomprensibile. Perché diamine “la vecchia America”?

In generale, comunque, i personaggi curiosi e le situazioni buffe, con un po' di filosofia minimalista come condimento, reggono in piedi il film; anche l'aver saputo “osare” è una scelta di cui va riconosciuto il valore, in un epoca in cui i film italiani fanno a gara per rientrare il più possibile e meglio possibile negli schemi.

Rete 4, da cui l'ha registrato, ha mandato tuttavia in onda una versione di bassa qualità: videotape deteriorato con formato modificato.

 

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