Regia di José Buchs vedi scheda film
El Abuelo di José Buchs è un interessantissimo apologo sul cambio generazionale, sul concetto cangiante di virtù e sull’ipocrisia di un certo tipo di società. In una Spagna soleggiata e marittima il nonno protagonista Don Rodrigo scopre che il figlio gli ha lasciato due nipoti di cui una legittima, figlia del figlio e della nuora americana Lucrecia, e l’altra illegittima, frutto di un amore adulterino di Lucrecia stessa. Interessato a scoprire chi delle due nipoti ha il suo stesso sangue dà inizio all’indagine tornando al suo paese natale, subito dopo la morte del figlio. Il risultato è una paradossale e variegata ricerca della verità, accecata da un certo tipo di illusione tipicamente “anziana” propria del nonno Don Rodrigo che concepisce la discendenza nobile solo nell’espressione della virtù e della temperanza, per cui la figlia certamente legittima sarà colei che compie azioni virtuose e pudiche. Circondato da un’intollerante schiera di abitanti, fra cui si distingue un giovane uomo che si mette troppo profumo e un gruppo di sacerdoti e uomini religiosi che più ipocriti non si potrebbe, Don Rodrigo rimane sempre convinto della sua volontà, tanto da scacciare via la nuora (che scappa nelle braccia di un nuovo amante) e pensare addirittura di uccidere la figlia illegittima una volta scoperta, per quanto bloccato e rallentato dal sincero affetto che prova per entrambe le ragazze. Buchs fa così in modo, fin dall’inizio del suo splendido film, che lo spettatore non parteggi mai per nessuno, perché tutti i personaggi sembrano immersi nelle loro credenze e nelle loro azioni senza possibilità di rimedio. Addirittura le giovani nipoti, che pure si comportano come bambine vivaci e adorabili, hanno un animo inquieto e cangiante, evidente nello strano rapporto che hanno con la madre, con il nonno e con i loro servi. E Buchs sembra anche stare attento a costruire la storia in funzione dei cambi di idea e di intenzione dei vari protagonisti, tanto che ognuno di essi presenta in se stesso un cambiamento e un sincero travaglio interiore, benché incentrato su un fatto realmente futile, alla fin fine, come la discendenza di sangue (che pure si rivelerà contraddittoria e insignificante anche per il nonno). La stessa nuora, che appariva come una macchietta caratteriale, una tipica bellezza americana di inizio Novecento (abbastanza in carne), rivela presto il sincero affetto che prova per le figlie, cosicché neanche lei sarà suscettibile di totale condanna, oltre che di grande empatia. La realtà è che lo sguardo di Buchs è interessato alla satira grottesca che sembra sprizzare da questa strampalata storia dalle tinte melodrammatiche, in cui tutti si adoperano per congiurare e per ferire l’altro, in maniera tale da lasciare le cose come stanno. Un equilibrio civile infatti sembra voler coprire le malefatte di Lucrecia, tanto che i vari sacerdoti tenteranno con le buone di “togliere di mezzo” don Rodrigo consigliandogli di trasferirsi nel monastero, per non infastidire più. E gli spettatori stessi mettono in dubbio la sanità mentale di don Rodrigo, che è tanto deciso a perseguire questa sua idea assurda e maniacale (viene accusato addirittura di monomania, pericoloso e capace di violenza come d’altronde è), ma è anche vero che questo personaggio “sopravvive” nel confronto con un sistema ipocrita e fintamente perbenista, dal quale comunque la religione e l’aristocrazia dinastica non escono per niente bene. Così El Abuelo si rivela un coinvolgente racconto di personaggi e di fatti, un po’ povero a livello registico (molto, troppo, è affidato alle didascalie), ma denso e straordinariamente (in)coerente a livello contenutistico e tematico. Un film in cui nessun personaggio si salva, ma dove è pensabile anche un parziale lieto fine in cui si sventerà addirittura un drammatico e imprevedibile doppio suicidio. Brillante e imperdibile, un piccolo gioiello del cinema muto spagnolo degli anni '20.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta